mercoledì 30 luglio 2025

The Art of Chess

 


The Art of Chess - 1988 - Versione Amiga

The Art of Chess è stato uno dei primi giochi che ho avuto su Amiga e me lo procurai prima di tutto per il titolo, quell' "art of chess" che secondo me sarebbe stato il titolo perfetto per un nuovo album musicale di qualche pop star di quelle che impazzavano negli anni '80. Questo titolo mi aveva talmente affascinato che avevo pensato di scrivere io stesso un brano musicale che avesse questo nome... ma poi qualcosa d'altro mi colpì e mi fece desistere. Effettivamente c'era già un brano che si sposava con quel titolo, ed era la musica dell'intro/crack del gioco, un breve programmino ad opera di Red Sector, crack group storico - quasi mitologico - che ci piazzò come sottofondo musicale un modulo soundtracker piuttosto standard ma che per l'epoca suonava fantastico. Passai le ore ad ascoltare la musica di quella intro (la puoi vedere e ascoltare qui) e per me quella musica - ben conscio che così non fosse - si intitolava "The Art of Chess". E devo aggiungere che per me questa musica ancora oggi rappresenta al 100% quello che considero essere il "sound" dell'Amiga. Ancora oggi se devo pensare a come suonava l'Amiga per prima cosa mi viene in mente questo brano che, lo ripeto, è un modulo standard fatto con i suoni standard del primo Soundtracker.


Chiuso questo discorso, resta poco da dire invece sul gioco in sé. The Art of Chess è chiaramente un gioco di scacchi, talmente classico oggi da sembrare scialbo, ma che per l'epoca era quasi avveniristico. La scacchiera era totalmente in 3d, per cui era possibile osservarla da qualunque angolazione, potevi cambiare i colori ed era anche possibile renderla "montuosa" (il che rendeva difficilissimo avere una visione chiara del gioco). Tutto era gestito via mouse in piena interfaccia "intuition" del workbench di Amiga e poi si poteva far giocare il computer contro se stesso. Insomma The Art of Chess poteva sembrare il gioco di scacchi definitivo. Peccato che a me gli scacchi non avessero mai fatto impazzire e quindi cancellai dopo poche settimane il gioco, non prima però di essermi registrato su cassetta quella bellissima musica che c'era nella intro di Red Sector.



lunedì 28 luglio 2025

Final Fantasy VII Remake: Material Ultimania


Final Fantasy VII Remake: Material Ultimania - 2021


Final Fantasy VII Material Ultimania è un tomo di 300 pagine che racchiude tutto quello che può essere considerato il lato "artistico" del progetto FF7 Remake. La parte da leone ovviamente la fanno le illustrazioni, in particolare quelle relative ai protagonisti e ai comprimari del gioco, in tutte le loro declinazioni (per capirci, avremo Cloud adulto ma anche bambino, Aerith col vestito classico ma anche quello dell'incontro con Don Corneo e via dicendo), e con tanto di bozzetti e modelli 3d.


Ogni pagina riporta didascalie e soprattutto commenti dello staff, tra registi, designer e ovviamente artisti (tra cui fa piacere notare spessissimo il nome di Roberto Ferrari, l'unico non giapponese tra i big dello staff). Le immagini sono splendide e la qualità della carta e della stampa rendono giustizia ad ogni soggetto.


Ovviamente oltre ai personaggi abbiamo pagine dedicate alle diverse ambientazioni del gioco, ai nemici, alle evocazioni e addirittura ai vari elementi presenti nelle ambientazioni, come i poster, le foto, gli elettrodomestici e via dicendo.


Non mancano nel libro una sezione dedicata ai filmati (le "cutscenes") e alla loro realizzazione, così come vi è anche un'ampia sezione dedicata al sonoro, con le schede relative ai vari brani, per alcuni dei quali ci sono persino gli spartiti. Meno interessante ma doverosa anche una sezione sui doppiatori originali di ciascun protagonista.




In definitiva è un libro interessante per chi si interessa di arte e di game design, lo è di meno per chi invece vuole solo fruire del gioco senza interessarsi alla sua produzione. Sicuramente questo libro può essere un ottimo regalo per chi è appassionato della saga di Final Fantasy VII.




domenica 27 luglio 2025

Diablo IV

 


Diablo IV - 2023 - Versione Playstation 5

Devo premettere che Diablo IV è un ottimo gioco, ribadisco: ottimo. La grafica è bellissima, ricchissima di particolari e varianti nelle ambientazioni; il sonoro è perfetto, con uno dei doppiaggi in italiano migliori mai sentiti in un videogame; ci sono una quantità di contenuti impressionanti che ne rendono l'esperienza pressoché infinita, considerando anche il fatto che il gioco è costantemente (e obbligatoriamente) connesso e che vengono buttate addosso al giocatore di continuo nuove campagna da giocare in gruppo.


Ci sono diverse classi di personaggio tra cui scegliere, ciascuno con il suo albero di abilità estremamente vario e potenziabile/modificabile in tantissimi modi, soprattutto grazie alle infinite caratteristiche diverse degli oggetti equipaggiabili e insomma, per farla breve, questo gioco è una gioia per chi ama sperimentare tonnellate di combinazioni di abilità e magie, nell'ottica ovviamente sempre di essere il più effettivo possibile nel fare stragi di mostri.


Tutto questo fa di Diablo IV una versione potenziata, perfezionata, gigantesca dell'ottimo titolo che fu Diablo III (puoi leggere la mia recensione qui). Purtroppo però questo gioco si porta con se anche tutti i difetti del suo predecessore (quelli che ho elencato nella recensione, valla a leggere!) e che non sono mitigati, questa volta, dalla soddisfazione di vedere le proprie statistiche schizzare verso l'altro. Anzi in Diablo IV ogni oggetto che si trova ti fa avanzare le caratteristi di pochi punti, cosa che se all'inizio può fare la differenza, dopo alcune ore di gioco non è più così essenziale, ed è il motivo per cui il gioco ti fa passare la voglia di continuare ad equipaggiare ogni minima miglioria (perché poi ogni oggetto nuovo, ogni volta, andrebbe riforgiato, ricombinato con l'orefice e l'occultista... insomma ci vogliono 10 minuti per riportare ogni oggetto che vai a sostituire nello stato di quello precedente che hai sostituito... una vera rottura di scatole che tenderai a fare il meno possibile).


Oltre a questo i nemici comunque si adattano alle tue caratteristiche riducendosi il danno, probabilmente per mantenere il grado di sfida sempre alto, ma in realtà facendoti solo girare le scatole perché così sembra che tutto il tempo passato a grindare e a perfezionare l'equipaggiamento - nel single player - non sia servito davvero a nulla. Immagino che nel multiplayer invece non ci siano gabole di questo tipo, altrimenti davvero non avrebbe senso, ma non avendo mai provato nessuna delle opzioni online non posso saperlo. Io so solo che magari sarà che io sono un genio ed ho capito subito come farmi la build perfetta, ma non solo non sono praticamente mai morto in oltre 40 ore di gioco ma pur avendo messo la difficoltà massima consentita ho trovato il gioco talmente facile da apparire noioso.


Ecco, il problema di Diablo IV è che a mio avviso è noioso. Ci sono decine di cantine da ripulire, anche ripetutamente, ma sono tutte uguali; decine di dungeon, graficamente anche molto diversi tra loro e combinati nella forma in modo casuale, che però sono - alla fine dei conti - tutti uguali; milioni di nemici ma sono tutti comunque carne da macello allo stesso modo; decine di sfide sparse per un enorme "open world" dove vai solo a uccidere mostri su mostri; ci sono anche missioni di paesani che comunque sono praticamente tutte molto simili nell'esecuzione da parte del giocatore. Insomma, sono stato ore e ore a fare giri infiniti spazzando via mostri, in cambio solo di denaro e di qualche oggettino utile (in mezzo a tonnellate di spazzatura).


Mi dispiace dirlo, ma mi non annoiato a vagare in questo mondo enorme e sempre uguale a se stesso. Sono arrivato in fondo alla quest principale stanco e annoiato, ed ho tralasciato decine di dungeon secondari e almeno una ventina di missioni non principali. La struttura open world, lasciamelo dire, non ha giovato all'universo di Diablo. Non c'è più quel posto unico, quella battaglia unica, quell'evento unico, ma vi è una costante reiterazione di tanti eventi che perdono di importanza e quindi di epicità. Ma ci sono anche un paio di altri problemi, a mio avviso, in questo Diablo IV.


Per iniziare: la natura "on line" del gioco rende l'interfaccia confusionaria e ci vuole un po' di tempo e di intuizione per capire cosa rappresentino le varie schermate esterne all'interfaccia di gioco, e che rilevanza abbiano durante la campagna. Tra negozi, game pass, elementi estetici da comprare e altre pratiche cancerogene di questo tipo all'inizio ti sembra di essere di fronte all'ennesimo free-to-play di merda e viene voglia di chiudere il gioco.


L'altro aspetto che ho poco gradito è la presenza costante in quasi tutti i dungeon in cui sono andato di cadaveri martoriati, che spesso sono corpi di giovani donne torturate in catene (vedi un esempio nella foto qui sopra), "elementi di arredo" che puoi fare a pezzi tranquillamente con un colpo di spada. Ora capisco che possa esserci qualcosa di simile in un girone infernale, ma trovare cadaveri più o meno dilaniati ovunque, dai deserti alle lande ghiacciate, in ogni cantina o segreta in cui mi vado ad infilare, mi pare insensato, orribile e di cattivo gusto.


Detto questo torno a ripetere quanto scritto all'inizio: Diablo IV è un ottimo gioco, ma come single player l'ho trovato il "gioco alla Diablo" più noioso a cui abbia mai giocato. Non ho gradito la natura "game as a service", la poca progressione effettiva nello sviluppo, la natura open world che ha reso comune tutto quello che dovrebbe succedere come speciale e la presenza di cadaveri martoriati sparsi ovunque, e non solo nei luoghi che si possono intendere come "infernali". Insomma, quando ho finito la campagna principale ho tirato un sospiro di sollievo perché posso liberare spazio sulla Play e giocare ad altro.





giovedì 24 luglio 2025

Porsche Challenge


Porsche Challenge - 1997 - Versione Playstation

Il problema più grosso di questo Porsche Challenge è che poche settimana dopo la sua pubblicazione è uscito un certo Gran Turismo, un gioco sotto certi aspetti simili (anche graficamente vedi che non c'è un'enorme differenza), ma che presenta in confronto a Porsche Challenge una maggior raffinatezza tecnica e soprattutto una tonnellata di contenuti in più.


Porsche Challenge ha solo 4 piste, pur se con diverse varianti (anche casuali), e solo un modello d'auto che presenta qualche differenza ma che fondamentalmente è sempre quello con un colore diverso. Ha delle belle musiche anni 90, molto acide e sincopate, e presenta una guidabilità decente se pensi che non supporta gli analogici (arrivati poi con Gran Turismo).


La grafica ha enormi problemi di pop up, ma questo non rappresenta un grosso problema mentre giochi. Il problema invece è un altro, e cioè che con la visuale dall'abitacolo (anzi: dal cofano) la visibilità è troppo scarsa anche solo per capire da che parte curva la pista, e questo rende il tutto molto frustrante visto che non c'è nemmeno una mappa del circuito che ti possa suggerire l'andamento della strada! Per farla breve, questo è l'unico videogioco di guida che ho preferito giocare con la visuale esterna, che per lo meno si capisce dove stai correndo!


Mi sono divertito giocandoci, anche perché gli avversari vengono spalmati lungo la pista rendendo ogni gara della tua carriera una sorta di inseguimento uno contro uno, giro dopo giro, dall'ultima alla prima posizione. Tuttavia il gioco è invecchiato malino e soprattutto, ovviamente, non regge il confronto minimamente con Gran Turismo, che però come ben sai quello è un vero capolavoro per cui non c'è nemmeno da discutere.



lunedì 21 luglio 2025

Pac-Land

 


Pac-Land - 1984 - Versione Arcade

Questo articolo è condizionato dal fatto che a me non piacciono i giochi platform, mi dispiace, è un mio limite, sono un giocatore capra, tutto quello che vuoi, accetto la critica e mi vergogno di me. Ma è così: a me i giochi di piattaforme non divertono, non mi dà alcuna soddisfazione quando mi riesce un salto, ma per contro mi dà tantissima frustrazione quando il salto non mi riesce e muoio o se, ancora peggio, mi tocca ripartire molto più indietro per tornare nel punto dove avevo sbagliato e ritentare.


Per questo motivo Pac-Land non mi piace e non mi è mai piaciuto. Ho avuto modo di giocare anche con la versione per Commodore 64, ma mi ha fatto ancora meno impressione... insomma questo gioco secondo me non ce la fa. Ma al di là delle antipatie di "genere" cosa ha che non va, a mio parere, questo povero videogioco? Inizierei dal dire che i comandi sono terribili: modificare la velocità della corsa e l'altezza dei salti è a dir poco scomodo, e poi il nostro Pacman presenta una fottuta inerzia quando si ferma che nemmeno il primo Mario Bross, con la differenza che qui si cade nei baratri e si perdono vite. E vogliamo parlare dei salti sui trampolini? L'anti divertimento! Così come i livelli dentro i castelli, in cui vanno trovate chiavi per aprire porte, in alcuni casi senza vedere una fava di nulla se non in un piccolo cono di luce. E' davvero divertente? No.


La grafica è talmente semplicistica e infantile che tutto sommato non è brutta, e presenta anche dei livelli di parallasse nonché delle animazioni fumettose e colorate che sono senz'altro carine. L'unica immagine davvero brutta che presenta il gioco è quella che la rivista Videogiochi ci tirò addosso nella copertina del numero 28, la schermata finale, composta di tanti piccoli elementi che nell'insieme sono bruttini ma che visti singolarmente sono anche peggio.


Tante delle idee presenti in questo gioco sono poi confluite nei patform prodotti successivamente. Io credo che lo stesso Super Mario Bross debba molto a questo simpatico gioco arcade, per cui ritengo che un appassionato di giochi di piattaforme dovrebbe fregarsene di quello che sto dicendo qui e dovrebbe invece provare Pac-Land, perché è possibile che lo troverà molto interessate. Io invece mi scuso con Pacman e con te, ma proprio non ci voglio mai più giocare.



sabato 19 luglio 2025

Altri Podcast videoludici

 

Podcast videoludici (parte .. ??? ho perso il conto)

Ho davvero perso il conto di quanti articoli ho scritto in questi sette anni relativamente ai podcast che ascolto. Molti di questi sono morti nel frattempo, altri invece ne sono nati... altri ancora invece resistono a mala pena o sono ancora in piena salute. Com'è come non è, oggi ti parlerò di due nuovi podcast tanto diversi tra loro quanto interessanti.




LA MOKA

La Moka è il prodotto di un gruppo di tre youtuber piuttosto famosi: Yotobi (un vero decano in questo ambito che, tra alti e bassi, ha comunque contribuito moltissimo a Youtube Italia), Moro (che del gruppo è quello che conosco meno ma mi è sempre stato simpatico) e il Gatto (che devo ammetterlo: quando le prime volte l'ho visto giovanissimo apparire nei video con Farenz ho pensato che fosse un emerito idiota, salvo poi notare un netto miglioramento con gli anni e adesso lo trovo molto bravo e preparato). Trattandosi di un gruppetto di youtuber questo podcast ha un ritmo piuttosto sostenuto e spesso va molto in profondità nel raccontare le esperienze di gioco, alle volte perdendosi un po' troppo in certi particolari che - per chi non ha mai visto i titoli in questione - potrebbero essere anche poco interessanti. Tuttavia a me La Moka piace molto, sia per la sua formula che per i personaggi che la animano., spesso discutendo e confrontando i propri punti di vista, un po' come facevano i Godfathers del già citato Farenz. Decisamente un podcast interessante, soprattutto per chi non è eccessivamente matusa come me e non ha preclusioni verso gli youtuber.



MENU DI PAUSA

Menù di pausa è il podcast ufficiale di un progetto giornalistico, Atacore, il cui mantra principale è quello di evitare la fuffa, le voci di corridoio e tutte quelle notizie acchiappaclick che ammorbano l'informazione videoludica in Italia e non solo. Il podcast in sé vuole essere quindi uno specchio sull'attualità senza cadere nella tentazione di parlare di cose non certe o totalmente campate per aria. L'idea è buona, l'esecuzione anche, mentre i personaggi che popolano questo progetto vanno un attimo analizzati. Iniziamo con Fabio di Felice che, a mio parere, è la punta di diamante nel giornalismo di settore in Italia. Non lo conosco personalmente, non me ne viene nulla ad adularlo, ma sono assolutamente convinto del fatto che sia una delle poche persone che davvero sa scrivere, sa parlare e soprattutto sa argomentare sempre in modo impeccabile le sue opinioni. Posso anche non essere sempre d'accordo coi suoi pensieri e coi suoi gusti, ma è capace di argomentarli sempre così bene che arrivo ad accettare il suo punto di vista come legittimo e sensato, se non quasi a condividerlo. Cosa si può chiedere di più? Segue Federico Ercole, un personaggio più unico che raro, che dal suo modo di parlare ricorda un vecchio professore, un professor Silente, saggio, pacato, forbito nel linguaggio, capace di essere nel contempo ponderato e colorito nei ragionamenti. Insomma uno di quei personaggi che non ti stancheresti mai di ascoltare anche solo per la cultura che esprime in ogni suo intervento. Il terzo conduttore del podcast è invece Fabio Canonico. Se dei due personaggi precedenti ho parlato solo bene, di Canonico non posso trattenere una critica. Premesso che "per il resto" è assolutamente adeguato a tener testa agli altri due e che sicuramente è un bravo giornalista e tutto quanto, ha però la tendenza a partire per la tangente con ragionamenti spesso piuttosto opinabili e/o ridondanti. Va ascoltato per capire quello che voglio dire, ma farò un esempio inventato - per dare un'idea - che può essere, così per gioco, il suo parere sull'acqua gassata, facendo finta semplicemente che a lui non piace. Il suo discorso durerebbe un quarto d'ora almeno, inizierebbe con un tono leggermente indignato e inizierebbe ad infervorarsi sempre di più minuto per minuto più o meno in questo modo: "Ora, se voi avete sete, non volete acqua gasata e prendete una bottiglia banalmente per berla dovete prima di tutto guardare che sulla confezione sia scritto 'acqua naturale', un'imposizione a mio parere che non andrebbe caricata sulle spalle del consumatore. Ma anche leggere 'naturale' potrebbe non essere sufficiente, perché a volte c'è scritto sì 'naturale' ma è una scritta ingannatrice perché poi, magari più piccolo, ci trovi la scritta 'artificialmente addizionata di anidride carbonica' che vuol dire, banalmente, che quell'acqua è gassata. Allora perché, ti chiedi, alcune bottiglie hanno scritto in grosso 'gassata' sull'etichetta e altre no? E' banalmente un grosso inganno visto che in questo modo c'è il rischio che bevi un sorso d'acqua pensando banalmente che sia naturale e poi ti trovi la bocca piena di bollicine di gas, e resti lì a chiederti perché! Quindi alcuni produttori cercano di spacciarti l'acqua col gas sperando che tu non te ne accorga? Secondo me sì. E' vero che banalmente aprendo il tappo, se l'acqua è gassata, si sente il rumore del gas che esce, ma non è detto che ci sia silenzio in quel momento, e quindi magari non te ne accorgi. Se poi la bottiglia è gelata non riesci nemmeno a notare se ci sono delle bollicine di anidride carbonica dentro, per via della condensa che banalmente va a impedirti un'analisi anche solo sommaria del contenuto della bottiglia. Che poi riflettendoci, il rumore del gas quando stappi la bottiglia è già di per se stesso qualcosa di banalmente artificiale che va in conflitto col concetto stesso di acqua, elemento naturale tra i più basici e semplici, la cui presenza di gas invece rovina l'esperienza del dissetarsi. Perché quindi rovinare un elemento banalmente così puro come l'acqua potabile trasformandolo in un prodotto, sì più vendibile, ma meno pregiato e soprattutto perché farlo con qualcosa, l'anidride carbonica, che banalmente non serve a nulla se immessa nel nostro organismo? E perché non lo chiariscono una volta per tutte con un etichetta semplice, univoca, uguale per tutti?". Mi fermo qui, ma questo basti per farti capire cosa succede quando gli lasciano troppo a lungo il microfono a disposizione. La cosa è anche abbastanza divertente (anche perché mi immagino gli altri due che si guardano imbarazzati) ma alle volte diventa tediosa quando resta minuti a ribadire lo stesso concetto per cui sarebbero bastate tre parole. Detto questo non me ne voglia il sig. Canonico, perché Menù di Pausa è un ottimo podcast che ascolto sempre con piacere e che ti consiglio senza alcuna riserva.

mercoledì 16 luglio 2025

How to be a Complete Bastard

 


How to be a Complete Bastard  - 1987 - versione Commodore 64

Un dei lati negativi nell'ascoltare tanti podcast è che prima o poi ti capita che qualche bastardo (in questo caso parlo di Fabiano e Crazyjimmy, nel loro Birra e Pixel) ti venga a parlare di un gioco fino ad allora per te sconosciuto, facendotelo immaginare stupendo e geniale, quando poi alla prova dei fatti ti ritrovi davanti ad una ciofeca che sarebbe stato meglio neppure sapere che esiste. Questo è il caso di How to be a complete Bastard, gioco basato su un libro che negli anni ottanta ebbe un suo bel momento di gloria nel Regno Unito, al punto che fu anche trasposto per l'appunto in un videogioco che ne ricaricava lo humor demenziale e il fatto di essere del tutto politicamente scorretto.


Scopo del gioco è quello di far fuggire da una casa tutti gli invitati ad una festa, ricorrendo a un sacco di trucchi più o meno divertenti come lanciare televisori, travestirsi da fantasma, pisciare e soprattutto scoreggiare. Per far questo bisogna esplorare tutti gli ambienti della casa frugando nei cassetti, cercando nei mobili e negli armadi e raccogliendo oggetti che poi possono essere utilizzati o ingeriti (per ubriacarti o per gonfiarti l'intestino). Tutto questo lo si fa in puro stile avventura grafica, con un sistema che introduce un'idea sulla carta molto intrigante ma che alla prova dei fatti si rivela essere abbastanza difficoltosa da gestire, e cioè il fatto che ogni ambiente di gioco è rappresentato da 2 telecamere distinte, che ci fanno entrambe vedere la stanza in 2d, come se fosse piatta, ma inquadrata da 2 angolazioni diverse (che possono essere anche ruotate di 90 gradi, indipendentemente l'una dall'altra). In sostanza vedremo il nostro uomo muoversi su una schermata in 2d da un lato all'altro della stanza ma con l'altra telecamera lo vedremo ad esempio che sembra immobile perchè da quel punto di vista sta muovendosi in profondità.


Se detta così sembra poco comprensibile ti assicuro che giocarlo è anche peggio, perché ci vuole parecchio tempo per prendere la mano con questa soluzione stramba e soprattutto perché ti chiedi ogni due secondi perché diavolo non abbiano messo la telecamera direttamente dall'alto o in isometria di tre quarti, risolvendo in un attimo il casino di dover gestire queste due maledette telecamere. Aggiungi il fatto che la grafica è sinceramente pietosa, il sonoro e' quasi assente, e che tutto si muove con una lentezza esasperante, e capirai perché questo gioco è assolutamente da evitare.


È pur vero che ci sono delle gag interessanti e divertenti, e che lo scopo del gioco e' sotto certi aspetti intrigante, ma una volta viste alcune scenette un po' stupide (che rubano qualche sorriso), poi tutto diventa macchinoso, noioso e in sostanza poco divertente. Se solo la grafica fosse stata un po' più attraente, e soprattutto se il gioco Fosse stato più snello e veloce, allora avrei potuto anche suggerirti di provarlo, ma così com'è rimane più un supplizio che un gioco divertente. Anche se decisamente originale. 



domenica 13 luglio 2025

Armed and Dangerous

 


Armed and Dangerous - 2003 - Versione Xbox

Armed and Dangerous è un divertentissimo gioco che nel 2003 aveva un sacco da dire. Il termine "divertente" non è scelto a caso, ma sta proprio a sottolineare quali sono le caratteristiche fondamentali di questo gioco. Ad iniziare dal fatto che il gameplay è tanto semplice quanto, per l'appunto, ingaggiante e divertente. Non c'è un momento durante l'azione di gioco in cui ti troverai ad annoiarti o a chiederti chi te lo fa fare, c'è sempre uno scopo, qualcosa a vista che ti fa trovare interessante una meccanica tanto semplice come quella di sparare a tutto quello che si muove.


Armed and Dangerous è un classico sparatutto in terza persona, dove per l'appunto si deve sparare a tutto quello che si muove, ma si possono anche distruggere case, caserme, sistemi di allarme e altri manufatti nemici la cui eliminazione fa parte delle varie missioni di gioco o semplicemente (come nel caso delle caserme e dei sistemi di allarme) ti rendono meno difficoltoso il livello, bloccando l'arrivo di altri cattivi.


Per completare i vari livelli è necessaria sì l'uccisione dei nemici ma spesso ci sono missioni di scorta (con un effetto "pupazzo di stoffa" sulle persone scortate esilarante), di demolizione o di uccisione selettiva. Tutto questo attingendo ad un arsenale variegato che comprende mitragliette, lanciamissili e fucili di precisione, ma anche altre armi assurde come il mitico "squalo": quando si attiva quest'arma si iniziano a vedere pinne di squalo circolare per il livello in modo casuale, e se una pinna incontra un nemico, dal terreno emerge un pescecane enorme che uccide il malcapitato ingoiandolo. Quest'arma da sola vale il prezzo del biglietto!


Tutte queste armi si acquistano in negozi sparsi per i livelli, che fanno anche da punto di salvataggio e di ricarica. Il combattimento è inoltre supportato da due compagni di viaggio. Infatti facciamo parte di un gruppo che è poi nella sua interezza il protagonista della storia. Un storia raccontata con numerose scenette presenti prima di ogni missione. Queste scenette, a volta anche un po' troppo lunghe, sono permeate da un umorismo demenziale a livelli assurdi che in generale mi hanno fatto ridere anche se, alla lunga, oggi verso la fine mi è venuto da skipparle (nel 2003 invece ogni singola scena era da vedere ed ammirare perché contribuiva sostanzialmente a dare valore al prodotto).


Oggi Armed and Dangerous soffre solo di un comparto tecnico 3d in bassa risoluzione e con ambienti eccessivamente spogli per apparire non dico belli ma almeno decenti. Le mappe sono disegnate bene, ma i pochi poligoni e la mancanza di dettagli nelle ambientazioni si fanno sentire eccome, dando un senso di desolazione purtroppo inevitabile. Per il resto invece il gioco se la cava ancora benissimo, restando veloce e - come detto all'inizio - molto divertente e spassoso da giocare.


I nemici sono carne da macello, ma i designer sono riusciti a calibrare il tutto in modo che il gioco sia sempre fresco e presenti costantemente dei momenti inediti. Ogni tanto ci sono anche missioni dove si deve semplicemente cecchinare o bombardare orde di assalitori, in pieno stile "proteggi il fortino", momenti che donano quel pizzico di varietà in più e che aiutano a mantenere sempre alto il ritmo del gioco nel suo complesso.


Per concludere Armed and Dangerous resta ancora un buon titolo che, se venisse rispolverato dal punto di vista grafico, avrebbe ancora molto da dire. Certamente non ha un gameplay particolarmente originale se visto dall'ottica attuale, ma non manca di spunti capaci di sorprendere anche un giocatore smaliziato e abituato a ben altro nel 2025.



venerdì 11 luglio 2025

Rally Arcades Classics



Rally Arcades Classics - 2025 - Versione Playstation 5

Una premessa è d'obbligo: ho giocato solo con la Demo di questo gioco, per cui non posso dire che con queste righe che sto scrivendo stia recensendo il gioco intero. Prendi le mie parole più che altro come  delle "prime impressioni" su Rally Arcades Classics, che poi comunque - te lo anticipo - resteranno anche le ultime. Perché come avrai capito non è che questo gioco mi abbia esaltato così tanto come invece ha fatto con Piermarco, il mio compagno di podcast che se l'è già giocato fino all'ultima gara.


Non è l'aspetto grafico che non mi è piaciuto. Siamo certamente davanti ad una grafica che poteva andare bene 25 anni fa mentre oggi ha un gustro assolutamente "retrò", tuttavia non è brutta né scattosa, anzi è fluidissima e in alcuni momenti è parecchio evocativa. Chiaramente vedere un gioco così arretrato dal punto di vista tecnico su console capaci di fare ben altro può un po' indispettire, ma basta davvero poco tempo per non farci nemmeno più caso.


Anzi, ci son dei percorsi - come ad esempio quelli montani - che al di là della poca definizione e dei pochi poligoni, ti fanno davvero sentire sul posto. In alcuni momenti mi sono davvero sentito su una strada tutta curve e tornanti come poche volte mi è capitato prima (con le conseguenze anche negative che ti rivelerò a fine articolo). Diciamo che i percorsi sono ben disegnati, l'atmosfera c'è tutta e le sensazioni di guida, presa un po' la mano, sono ottime.


I comandi sono precisissimi, permettendoti di driftare e vivere momenti di esaltazione nel tagliare le curve e facendo il pelo agli ostacoli a bordo pista. Ostacoli che sono sempre letali, anche fossero un paletto sottile di quelli che reggono le bandiere. Per queste cose mi ha ricordato molto i primi Colin McRae Rally per la Playstation, anche se quelli erano giochi molto più simulativi di questo Rally Arcades Classics, che come si capisce anche dal nome è improntato maggiormente sull'esperienza spensierata e, per l'appunto, arcade.


Insomma Rally Arcades Classics è - nei suoi limiti - un buon gioco. Purtroppo ho dovuto abbandonarlo in fretta e non mi comprerò la versione completa perché dopo un paio d'ore di gioco ho iniziato a sentirmi male. Sia mia moglie, seduta vicino a me ad assistere, sia io che "guidavo" i mezzi, ci siamo trovati con lo stomaco ribaltato... sì, praticamente abbiamo sofferto la macchina! Questa cosa mi ha lasciato di stucco anche perché non soffro il mal di mare, non soffro la macchina... insomma non sono così debole di stomaco, eppure siamo stati male entrambi. Tienine conto perché temo che possa essere un problema diffuso. Detto questo, cosa ti impedisce di provare la demo?