venerdì 29 aprile 2022

Trauma Center: Under the Knife



Trauma Center: Under the Knife - 2006 - Versione Nintendo Ds 


Trauma Center è un gioco dalla doppia anima: da una parte abbiamo un racconto, una "visual novel", molto articolato, avvincente, pieno di svolte e colpi di scena. Dall'altra c'è un giochino in stile "allegro chirugo" in cui sono richiesti precisione e tempismo nel compiere una serie di azioni di per sé elementari ma che vanno fatte nell'ordine giusto e, soprattutto, molto velocemente.


Per quanto riguarda la parte "racconto" - come ho detto - siamo di fronte a qualcosa di molto ben fatto, con personaggi simpatici e un po' strampalati che ricordano quelli di Phoenix Wright in quanto a registro comico e intelligenza media. Si tratta però di una visual novel, e per quanto i dialoghi siano abbastanza succinti e quasi mai noiosi, per me è una palla stare davanti allo schermo a leggere le chiacchiere di questi personaggi senza alcuna interattività. 



La parte "operazioni" invece è molto più interessante anche se limitata nelle opzioni e, a mio parere, un po' rovinata dall'eccessiva difficoltà. Prima di tutto bisogna ricordarsi come operare: se disgraziatamente passano giorni tra un'operazione e l'altra capita che non ti ricordi più l'ordine delle azioni da intraprendere e quindi sei fregato, in quanto non c'è un manuale da consultare per rinfrescarsi la memoria. Oltre a questo c'è sempre pochissimo tempo per fare tutto, altrimenti il paziente crepa e il gioco finisce.


Per questo motivo sono combattuto nel consigliarti o no questo gioco. Diciamo che se ti piace leggere storie e puoi farlo con una certa dedizione per tutte le 9-10 ore di gioco richieste, Trauma Center può regalarti un'ottima esperienza. Altrimenti forse non è il gioco che fa per te.


giovedì 28 aprile 2022

June's Journey



June's Journey - Versione Android

Ho sempre avuto un rapporto di amore-odio nei conformi dei giochi "trovaroba". Da bambino quella di trovate gli oggetti nascosti è sempre stata la mia rubrica preferita sulla mitica "Settimana Enigmistica", presenza fissa in casa mia, ma chiaramente le cose sono cambiate crescendo. Ora June's Journey è uno dei tanti giochi di questo tipo in cui si devono individuare determinati oggetti nascosti in un mare di ciarpame, macinando livelli (divisi in scenari) tenuti insieme da una specie di storia investigativa, che poi è un mero pretesto per invogliarci a proseguire. 



Il bello di questo titolo è che si gioca in mobilità, dove e quando si vuole, e il touch screen è di una comodità assurda. Tutto questo aumenta enormemente l'appeal di June's Journey nei confronti degli omologhi per PC. Il brutto è che,  da buon titolo free to play, è strapieno di opzioni inutili volte, alla fine dei conti,  solo a spillare quattrini al giocatore. Non c'è alcun divertimento nel ampliare il giardino acquistando elementi d'arredo, è una palla colossale inviare regali agli amici e via dicendo. Già mal sopporto il limite di energia che ti impone brevi sessioni e poi l'attesa (o l'apertura del portafogli), figuriamoci il resto. 



Tuttavia ci continuo a giocare perché le fasi di ricerca sono indubbiamente divertenti e, visto che è gratis e che tutte le cose secondarie si possono in gran parte bypassare, ti consiglio una prova.



domenica 24 aprile 2022

41587: Nessuno vuole essere Robin



Set 41587 - anno 2017 (101 pezzi)

Non c'è molto da dire di questo set. La resa è dignitosa ma Robin sembra che abbia gli occhiali, e il ciuffo lo fa sembrare un bambino. La mancanza poi di qualche accessorio in mano non impreziosisce questo set che resta, quindi, piuttosto anonimo.


Valutazione 6.5/10

Prezzo nuovo 26 euro


giovedì 21 aprile 2022

Podcast videoludici (parte 4)

Podcast videoludici (parte 4)


Anche questo mese continuo le mie recensioni nei confronti dei podcast videoludici che uso ascoltare mentre viaggio o passeggio. Puoi trovare le parti precedenti a partire dal gennaio di quest'anno, un'uscita al mese, pubblicate intorno al 20 di ciascun mese.

Prima di iniziare a recensire un paio di programmi, anche questa volta mi piacerebbe dare una nota di colore facendo notare come certi termini tendano a diventare di moda tra gli individui che producono i podcast, il che dimostra che queste persone fanno parte di una cerchia piuttosto chiusa dentro cui ciascuno ascolta i programmi degli altri. Non si spiegherebbe altrimenti come sia possibile che in un qualsiasi podcast videoludico venga pronunciato in modo continuativo l'avverbio "banalmente", una parola che in tutta la mia vita avrò sentito pronunciare altrove forse quattro volte in tutto. "Banalmente" è un termine ormai infestante, quasi un intercalare, il "cioè" del ventunesimo secolo... ma solo nei podcast, sia chiaro. Stessa cosa per tante altre parole. Un esempio per tutti: da quando fu annunciato il God Of War uscito poi per Playstation 4, vi fu un fiorire dell'aggettivo "norreno" sulla bocca di tutti, termine praticamente mai sentito pronunciare in anni di ascolto di podcast, anni pur pieni di videogiochi con dei vichinghi come protagonisti. Improvvisamente si è scoperta l'esistenza di questa parola, e hanno iniziato ad utilizzarla senza sosta tutti quanti, in modo davvero fastidioso.

Ma torniamo alle recensioni, anche oggi con due simpatici podcast:


VII - RGBar (i beceri videoludici)

RGBar è un podcast di retrogamer coi controfiocchi, gente che ha l'hardware e lo sa "moddare"; gente che parla di "upscaler" e di altri ammennicoli che permettono di utilizzare e godere al meglio le vecchie console su televisori moderni; gente che sa usare il saldatore per aggiungere dispositivi moderni a vecchie macchine da gioco. Il limite più grande di questo podcast, oltre al fatto che è un po' troppo colloquiale e quindi confusionario in certi momenti, è tutto qui: se non te ne frega nulla dell'hardware, delle collezioni e insomma dell'aspetto collaterale al gioco vero e proprio, potresti trovare questo podcast poco interessante. Per fortuna però parlano anche di giochi, anche se mai troppo approfonditamente (anzi, a volte sembrano non sapere nemmeno cose abbastanza elementari quando parlano di un dato gioco), e tra l'altro hanno qualche rubrica fissa interessante, come quella in cui uno dei conduttori, dopo diversi anni passati in Giappone, ci racconta delle (strane) usanze del posto.


- IDEALE PER chi è un collezionista di software e hardware e vuole tenersi informato sulle ultime novità per le vecchie console

- STIA ALLA LARGA chi preferisce sentire parlare di giochi in modo approfondito




VIII - SUONA TIPO BENE  


Suona Tipo Bene non è un podcast sui videogiochi, è più in generale un programma che parla di musica e lo fa dal punto di vista compositivo, un argomento che personalmente trovo davvero interessante. A volte parla di colonne sonore di videogame ma spesso parla anche di film o, peggio, di musical, per cui i videogame sono toccati solo saltuariamente. Ma resta il fatto che Suona Tipo Bene sia un podcast che dice cose molto interessanti e a volte inaspettate, svelando cosa sta dietro alla scelta dei suoni, delle melodie e di tutto quanto c'è di studiato in una colonna sonora al fine di rendere il risultato più incisivo e consono a quello che la musica va ad accompagnare. Svela, in un certo senso, i dietro le quinte, i trucchi utilizzati per rendere più emozionante l'esperienza musicale che accompagna i film o i nostri giochi preferiti. E' un programma che quindi mi sento di consigliarti, a meno che tu non sia quel tipo di persone che, come me, mal sopporta una conduzione del tipo "tesorooo, ma quanto sei bbella, quanto sei simpatica, quanto ti adoroooo", perché in ogni puntata del podcast c'è sempre un ospite con cui si scambiano smancerie imbarazzanti. Oltre a questo il conduttore, che per carità è uno che si sbatte e sa quello che dice, ha la terrificante tendenza ad avere una costante ridarella, per cui continua dall'inizio alla fine a ridersi addosso per qualunque cazzata dica l'ospite o, peggio, dica lui stesso.


- IDEALE PER chi è ama la musica ed è interessato a scoprire i trucchetti dei compositori

- STIA ALLA LARGA chi odia i musical, la gente che si ride addosso costantemente, le smancerie.


martedì 19 aprile 2022

The Elder Scrolls IV: Oblivion

 


The Elder Scrolls IV: Oblivion - 2006 - Versione PC

Oblivion non sarà certo ricordato per la trama avvincente, né per le sue "sub-quest" ricche ed interessanti ma, non c'è alcun dubbio, resta una pietra miliare nella produzione dei giochi di ruolo occidentali, e non solo quelli occidentali a ben vedere. Oblivion fu infatti uno dei primi titoli a raggiungere un tale livello di dettaglio nel rappresentare un mondo aperto, da far sembrare al giocatore di essere davvero in una terra mistica e lontana, perso tra panorami ricchi di laghi, monti e foreste. Un balzo enorme rispetto ai suoi predecessori Daggerfall e soprattutto Morrowind, che pur essendo giochi ottimi e con una amplissima offerta di cose da fare, avevano ancora un aspetto molto compromesso dalla poca potenza dall'hardware su cui erano stati sviluppati, ed erano tutto tranne che "realistici" nella rappresentazione dell'universo di gioco.



Con Oblivion invece finalmente sembrava di essere davvero stati catapultati in un mondo fantasy tutto da esplorare. Devo dire che pur se graficamente non regge minimamente il confronto, come è ovvio, con un moderno  Elden Ring o un Assassin's Creed qualunque, e per lo meno visto nella sua versione "liscia" per PC oggi il mondo di Oblivion sembra decisamente finto, tuttavia giocandoci questo titolo riesce ancora oggi a far emergere tutto il suo fascino. Per quanto possa sembrare assurdo nel 2022, in quella mezz'oretta che mi ci è voluta per iniziare il gioco ed uscire dalle fogne mi sono riappassionato al punto da volerci giocare ancora per ore, come non mi accadeva da tempo con giochi di ruolo ben più moderni. Insomma, anche se Oblivion è solo uno dei tanti gradini che ci sono stati nell'evoluzione che la serie Elder Scrolls, e un po' tutta l'industria del videogioco, ha percorso negli ultimi 20 anni, rappresenta tuttavia un gradino molto importante, con delle meccaniche ancora valide ed attuali, con alcuni elementi antichi ma molto seducenti (ad esempio l'auto-mapping in stile disegno su pergamena... un elemento che da solo fa più atmosfera di mille altre cose), e soprattutto sfoggia un design degli ambienti molto originale e può contare su una colonna sonora fantastica che, pur presentando solo una manciata di brani, è una delle più belle della storia dei videogiochi fantasy, 



Probabilmente sono un po' di parte, del resto ho comprato l'XBOX 360 nella primavera del 2006 solo ed esclusivamente per giocare ad Oblivion, e ricordo che la mia fidanzata ed io litigavamo (oltre che per tutte le altre cose) anche per dividerci il tempo sulla nuova console. Oblivion ci aveva davvero stregati e non ci deluse per nulla, nonostante i comandi con il joypad (oggi invece, come cambiano i tempi, ho trovato scomoda la combo mouse+tastiera!) e nonostante i caricamenti che su console erano lunghissimi. Oggi mi rendo conto che Oblivion era oggettivamente un gran gioco, e come tale va ricordato. Assolutamente da provare, perché nonostante alcune meccaniche oggi un po' stantie è ancora in grado di intrattenere e divertire.



lunedì 18 aprile 2022

Killer Sudoku: non è un gioco per vecchi

 


Killer Sudoku - Versione Android

Chi ha detto che il Sudoku sia un gioco per vecchi? Ok, mia madre ci gioca ogni giorno, ok i ragazzini non sanno nemmeno cosa sia (ma non tutti), resta però il fatto che il Sudoku sia un gioco interessante e soddisfacente, quando si vuole ingannare il tempo. In ogni caso ti suggerisco di provare questa versione "killer" che ha una piccola differenza sul Sudoku standard, vi sono cioè delle caselline raggruppate graficamente tra loro ed è indicato il totale che si calcola sommando queste caselline. Questo può essere senz'altro considerato un aiuto, in quanto va ad offrire maggiori indicazione al giocatore, ma quando è portato all'estremo, selezionando la difficoltà massima, il sistema delle somme divento l'unica informazione disponibile, con quello che ne consegue.
L'app funziona molto bene e propone anche delle sfide giornaliere. Altamente consigliata!




sabato 16 aprile 2022

Riviste dal passato: MC MicroComputer

 


MC MicroComputer 


Le riviste MC MicroComputer andrebbero utilizzate come libri di testo in un eventuale corso di "storia dell'informatica". Dal 1980 alla fine degli anni '90 questa rivista ha rappresentato la bibbia per tutte le persone che, come me, coltivavano la "passione" per l'informatica a tutto tondo, dall'hardware al software, dai giochi ai programmi professionali, passando anche per tutto quello che, in quegli anni, iniziò ad abbracciare l'informatica come strumento produttivo, cosa che oggi appare scontata praticamente in ogni ambito della nostra vita, ma che negli anni '80 non lo era affatto e i computer erano ancora elementi alieni nella cultura della maggior parte delle aziende. Per questo motivo faceva notizia, e quindi se ne parlava volentieri su MC, l'utilizzo dell'informatica ad esempio nella progettazione delle barche a vela e delle automobili, o nella formulazione delle previsioni del tempo. Allo stesso modo facevano notizia le novità tecnologiche che, mensilmente, si susseguivano in un crescendo che ci hanno portato da computer con 1 k di memoria alla situazione che abbiamo oggi e che, all'epoca, sarebbe sembrata fantascienza.



Quella che io chiamo la "prima fase" di MC, che arriva circa al 1985, non l'ho vissuta direttamente, ero troppo piccolo per comprare una rivista così professionale e, ovviamente, ero più interessato ai videogiochi che alla pletora di macchine professionali che venivano recensite senza sosta (in modo molto completo, con tanto di apertura "a cuore aperto" per mostrare la componentistica) e che costavano milonate e milionate di lire. Rileggendo questi numeri così vecchi però non posso non rendermi conto di quante numerose soluzioni si affacciassero a ripetizione sul mercato e di quanto potesse essere difficile destreggiarsi nella scelta di una o dell'altra macchina per il proprio ufficio. E allo stesso modo mi rendo conto di quanto fossero rivoluzionari il Commodore 64 e lo ZX Spectrum per il loro costo contenuto, le loro ragguardevoli caratteristiche tecniche e, non ultimo, per il loro aspetto, così diverso da tutte quelle decine di computer tutti uguali, tutti squadrati, bianchicci, antiquati già per l'epoca. Ma questi sono solo alcuni dei tanti pensieri che mi sono sorti nella lettura, e credo che ci si potrebbe scrivere un libro intero con considerazioni di questo tipo.



Arriva la "seconda fase" che dura fino all'inizio degli anni 90 e in cui i videogiochi si ritagliano una corposa rubrica fissa (con l'arrivo di Francesco Carlà), diminuiscono le pagine dedicate ad improbabili calcolatori o calcolatrici che non vedranno mai una seria diffusione in Italia, e le rubriche di programmazione iniziano a trattare anche gli home computer con maggior frequenza. In questo periodo non c'è mese che non venga a galla un qualche libro interessante (sempre legato alla programmazione dei nostri amati home computer) e, insomma, si vede che verso la fine degli '80 ormai un qualche tipo di computer era entrato in molte case anche in Italia. Pur restando, tra le decine di pagine di pubblicità, molte recensioni di stampanti o altri oggetti assolutamente non interessanti per me, questo è stato il periodo in cui compravo e mi godevo questa rivista.



La "terza fase", anni '90 avanzati, vede una rivista ormai colossale per numero di pagine (metà delle quali, come sempre, di pubblicità), con una sempre maggiore presenza di recensioni di schede per PC compatibile, rendendo di fatto lo sfogliare la rivista molto meno eccitante di quanto non fosse un tempo. Smisi di leggere MC proprio all'inizio degli anni 90, quando ormai "l'informatica" aveva perso quel fascino esotico che l'aveva caratterizzata nel decennio precedente, prendendo la forma di qualcosa di molto più ingessato e, diciamolo, noioso. In ogni caso anche le riviste di questo decennio restano importanti testimonianze di un'epoca che ormai sembra remota, per cui un plauso a chi ha creato e mantenuto in vita il progetto MC per quasi quattro lustri.



martedì 12 aprile 2022

10278: stazione di polizia



Set 10278 - Anno 2021 (2903 pezzi)


Come già altre volte accaduto con altri set di questa famiglia, anche in questo caso la costruzione, vista dal vivo, è  molto più bella di come appare in fotografia. Tuttavia questa stazione di polizia non è così bella come molte delle ultime creazioni modulari lego, anzi è forse quella che dal punto di vista estetico mi ha convinto di meno. Il palazzo è piuttosto monolitico e privo di quel guizzo che lo renda memorabile, pur non mancando un sacco di particolari interessanti, come il cartellone pubblicitario su una delle pareti.



Per fortuna gli interni si riscattano alla grande, con una cura orami maniacale per ogni minimo particolare (uno su tutti: il cartellone delle prove con gli elastici che legano gli indizi, come si vede nei film americani). C'è anche un tunnel scavato letteralmente col cucchiaino sotto la cella del detenuto! Insomma, come sempre è stato fatto un gran bel lavoro per rendere ogni angolo di questa costruzione degno di essere ammirato. Una quantità enorme di pezzi (quasi 3000), cinque omini e un uccellino completano l'offerta.




Il vero difetto di questo set, come detto, è nell'aspetto esteriore, poco originale e poco interessante. Probabilmente questa serie sta iniziando ad essere un po' stanca e lo dimostra il fatto che si vedono delle cinesate, basate sullo stesso concetto, che sono molto più interessanti dal punto di vista estetico


Voto 8/10

Prezzo nuovo 180 euro



domenica 10 aprile 2022

Journey

 


Journey - 2012 - Versione Playstation 4


Dopo aver giocato per mezz'ora a Journey, cinque anni fa, mi sono talmente annoiato che ho gettato la spugna e, senza troppi ripensamenti, l'ho disinstallato. Adesso, dopo essere stato sollecitato in modo molto accorato a ricominciarlo e portarlo a termine (tanto dura solo un paio d'ore), gli ho dato una seconda chance ed effettivamente nell'arco di una serata sono riuscito ad arrivare ai titoli di coda, gustandomi in un sol boccone questo singolare ed enigmatico "viaggio".


Journey è stato definito dai più come un gioco "emozionale" o "poetico" (qualunque cosa voglia dire) in quanto capace, grazie ad una grafica e ad un sonoro molto ispirato, di risvegliare profonde emozioni nel giocatore, addirittura arrivando a commuovere. Effettivamente se data la giusta luce alle vicende del gioco, il tutto può essere interpretato come una metafora della vita stessa, un viaggio nell'intimità che si svolge dall'inizio alla fine nella più immensa solitudine, salvo l'incontro casuale con altri giocatori coi quali però limitarsi ad una semplice interazione visiva.


In realtà sullo sfondo c'è una storia che parla di antiche civiltà decadute, fantasmi di un'epoca passata e, in ogni caso, c'è una forte impronta di misticismo. Ma è tutto talmente solo appena accennato che non si fa nemmeno in tempo a ragionarsi sopra che il gioco è già finito, per cui alla fine ogni stimolo che arriva giocando a Journey ti scivola addosso velocemente.



Concludendo, adesso che l'ho giocato tutto, da capo a fondo, mi è piaciuto Journey? La risposta è che sicuramente non mi è dispiaciuto, ma nemmeno (e mi dispiace tanto scriverlo) mi ha colpito particolarmente. Resto della mia idea che non sia un vero videogioco, che per quanto sia artisticamente ispirato non abbia alcun motivo di appeal verso un videogiocatore "becero" quale evidentemente io sono. Lo consiglierei solo se disponibile gratis.



giovedì 7 aprile 2022

Resident Evil 7: Biohazard

 


Resident Evil 7: Biohazard - 2017 - Versione Playstation 4

Questo Resident Evil 7: Biohazard rieasce a riprendere un po' lo spirito dei primissimi episodi della serie, introducendo prima di tutto una location decadente e inquietante, la necessità di girare avanti e indietro sui propri passi in un modo quasi mai eccessivo, e risveglia certe sensazioni mai sopite, tipo la tranquillizzante atmosfera delle stanze dove si può salvare o il fatto che i corridoi e le stanze, dopo un po' di ore, diventano quasi luoghi famigliari... cose che chi ama la serie fin dal primo capitolo conosce molto bene.


Non amo però i giochi in prima persona, e purtroppo questo RE7 si sviluppa tutto in prima persona (si può giocare addirittura col visore VT): sicuramente la cosa funziona molto bene a livello di immedesimazione, al punto che ti trovi a voltarti per guardarti dietro alle spalle ogni 10 secondi, ma rende anche il gioco piuttosto stancante dopo qualche ora di gioco. E chissà, forse questo è uno dei motivi per cui RE7 alla fine è abbastanza breve, potendolo finire tranquillamente in una decina di ore.


La prima persona rende tra l'altro gli scontri un po' confusionari e anche semplicemente fuggire può diventare problematico. Insomma questa impostazione di gioco va benissimo per fare paura, ma non migliora affatto l'aspetto ludico. E se, come nel mio caso, la paura non arriva perché semplicemente non sono una persona impressionabile, girare per questi ambienti bui e poco originali può diventare fin anche noioso.


Il gioco vuole fare paura anche attraverso l'espediente del macabro: arti mozzati, teste aperte in due, gente che si ciba di vermi e insetti, insomma sangue, merda e putrefazione. Anche questa è una cosa eccessivamente morbosa e, diciamolo, poco interessante a mio parere, ma se tu invece ami queste cose sicuramente non ne resterai deluso. A me non interessano questi particolari, preferisco come sempre l'aspetto ludico e qui alla fine cosa abbiamo? C'è un po' di esplorazione, qualche scontro (in particolare dopo metà gioco) e qualche blando enigma da risolvere, un po' poco. Mi sono trovato quindi abbastanza deluso da questo titolo, che alla fine non è molto di più di uno di quei famigerati walking simulator che io amo davvero davvero poco. In definitiva quindi lo consiglio solo se lo trovi a pochi euro, perché sicuramente ha il potenziale per appassionarti, ma potrebbe anche facilmente annoiarti (o schifarti, se non ami il "gore").



lunedì 4 aprile 2022

Shadow of the Beast

 


Shadow of the Beast  - 1989 - Versione Amiga


Il 97% "regalato" da TGM nel lontano ottobre del 1989 creò molte aspettative in me e in tutti quei giocatori amighisti che rimasero a bocca aperta davanti alle immagini stampate sulla rivista e all'idea di poter vedere ben 13 livelli di parallassi su schermo! Di cosa sto parlando? Di qualcosa che nemmeno si era ancora vista in sala giochi, quindi di un traguardo tecnico davvero notevole per i nostri amati home computer.



Il gioco in sé si rivelò davvero bello a vedersi, anche nelle fasi "all'interno" dove la parallasse era molto più limitata, con animazioni accurate, nemici enormi e musica di prim'ordine (anche se tipicamente dalle sonorità "cupe" in stile Amiga/Soundtracker). Ma da giocare non era così divertente. Se la parte all'esterno era possibile da ammaestrare con un po' di perseveranza, le fasi al chiuso erano un vero inferno, con frotte di nemici che apparivano ovunque e che erano stramaledettamente veloci, troppo veloci per il nostro protagonista che per voltarsi ci metteva un'era geologica.



Insomma Shadow of the Beast ci sbatteva in faccia una difficoltà quasi proibitiva, e richiedeva di imparare pressoché a memoria ogni metro dei cunicoli con cui erano costruiti i livelli. Questi livelli in verità erano piuttosto pochi, ma il gioco era talmente bastardo che ti permetteva di affrontarli in ordine sparso, salvo capire dopo averli affrontati nell'ordine sbagliato che c'era invece da seguire un ordine obbligatorio, altrimenti restavi bloccato. Così come restavi bloccato se arrivavi ad un boss senza l'arma giusta, e via dicendo. Probabilmente in questo modo gli sviluppatori hanno voluto rendere più lunga l'esperienza ludica di un gioco altrimenti davvero breve.



Ciliegina sulla torta, l'ultimo livello di gioco abbandona l'aspetto da action-adventure per proporre un vero sparatutto a scorrimento orizzontale, molto simile al buon vecchio Menace. Insomma Shadow of the Beast è un gioco strano e sembra essere figlio più di una demo tecnica che di un puntiglioso lavoro di design. Ciò non toglie che sia ancora oggi un titolo molto affascinante, soprattutto nella sua realizzazione grafica, per cui ti consiglio di farci un giro.



sabato 2 aprile 2022

Dragon Quest XI: Echi di un'era perduta

 


Dragon Quest XI: Echi di un'era perduta - 2017 - Versione Playstation 4


Mi sono approcciato a questo gioco (per altro nella sua versione definitiva ed espansa, la recensione si riferisce quindi a questa versione) leggermente prevenuto: la mia esperienza con la serie principale di Dragon Quest era praticamente limitata al capitolo numero 8, con il quale mi intrattenni moltissime ore riuscendo a portarlo, faticosamente, a termine. E non era stata un'esperienza totalmente positiva, avendo trovato quel gioco troppo legato a cliché e a limiti direttamente derivati da, ritengo, i primissimi capitoli della serie. Mi riferisco ad esempio ai salvataggi relegati solo alle chiese, per cui una volta entrati in un dungeon o se ne usciva vivi o era game over. O ai messaggi testuali di recap delle battaglie o degli stessi salvataggi, inutili e lenti. Infine avevo trovato il gioco molto difficile, non essendo possibile ricaricare il mana, e quindi trovandosi sempre a corto di risorse in caso di combattimenti impegnativi: questo comportava il fatto che ci si trovava spesso sottolivellati e cercare di "recuperare" era una questione di tempo e impegno mica da poco. Oltre a questo non solo c'erano pochissimi equipaggiamenti, centellinati all'inverosimile, ma si trovavano anche pochissimi oggetti/ingrediente da mischiare per ottenere qualcosa di buono nel calderone (che era lentissimo da usare), e praticamente senza una giuda ti fumavi la possibilità di potenziarti a dovere. Condiva il tutto una musica orchestrale che, per quanto bella, era estremamente ripetitiva e roboante... in altre parole ti stancava il cervello già dopo un'ora di gioco.


Ecco, temevo di ripiombare in questo identico strazio mentre iniziavo a giocare a Dragon Quest XI e, sotto certi aspetti, ci avevo visto giusto: alcuni di quegli aspetti negativi li ho riscontrati anche qui, ad iniziare dalla musica, altrettanto stancante, poco varia e barocca. Permangono pure certi manierismi nella gestione dell'inventario e dei salvataggi (benché vi sia finalmente anche il salvataggio automatico!) anche se qui per fortuna i combattimenti si possono velocizzare, il mana si recupera anche in battaglia, con una gestione oculata da parte del giocatore e si ottengono oggetti a piacimento per cui la forgiatura di nuovi equipaggiamenti potenti non è troppo difficile e anzi, è persino divertente. Tutto questo rende più facile il livellare e non si arriva mai con l'acqua alla gola, almeno fino al post game. Si può dire quindi che pur perseverando in alcune direzioni un po' anacronistiche, un rimodernamento comunque ci sia stato. Certamente il prossimo Dragon Quest 12, se mai uscirà, dovrà cambiare radicalmente se vorrà che io ci giochi, perché invece altre meccaniche vetuste proprio non le digerisco più.


Il gioco tradisce una matrice 16 bit anche in altri particolari come i dungeon, tutti composti da stanze squadrate, o dai combattimenti che sono esattamente gestiti come quelli visti nei giochi per SuperNintendo. E questa versione estesa di Dragon Quest non solo non fa nulla per nasconderlo ma addirittura ti dà la possibilità di giocare proprio come se il titolo fosse uscito per una macchina 16bit, con vista dall'alto e mondo creato da tasselli. Addirittura ci sono delle missioni e dei boss supplementari da giocare esclusivamente in questa modalità, peccato che ci si arrivi praticamente solo nel post-game, cioè dopo un'ottantina di ore di gioco, in un punto dove - almeno il sottoscritto - non ne poteva più delle meccaniche di questo gioco di ruolo, e l'ultima cosa che avrebbe voluto fare era proprio quella di continuare ancora a giocare allo stesso gioco addirittura penalizzato da una grafica più brutta!


Tecnicamente il gioco sembra uscito su Playstation 3, vista la pochezza di poligoni con cui si compone il mondo di gioco, ma la direzione artistica sopperisce alla grande a questa mancanza, rendendo il gioco molto piacevole da essere visto e giocato. I mostri, in particolare, sono splendide riproposizioni dei nemici storici della saga. Ma la cosa più importante da dire su Dragon Quest XI è relativa alla sua lunghezza: questo gioco è infinito! All'inizio, per fortuna, le scenette sono abbastanza poche e brevi, e quindi si passa la stragrande maggioranza del tempo esplorando e combattendo, ma più ci si avvicina alla fine più invece le sequenze non interattive diventano presenti e quindi stancanti, appesantendo ulteriormente questa sensazione di "storia infinita". Al di là di questo comunque il gioco è davvero troppo lungo anche nella sua quest principale, ed arrivare ai titoli di coda è una vera maratona. Se poi aggiungi che è anche possibile dedicarsi a decine di quest secondarie, collezionare tutti i mostri, forgiare tutti gli oggetti, ci sono i minigiochi nel casinò, non mancano boss supplementari da sconfiggere e, finito il gioco, vi è addirittura una nuova minaccia da sventare, allora capirai che Dragon Quest XI è un gioco su cui un appassionato potrebbe passarci tranquillamente 150 ore per completare tutto. Io mi sono fermato a poco meno di novanta, ed ero davvero esausto.


Alla fine Dragon Quest XI mi è piaciuto o no? La risposta è sì, mi è piaciuto, è stato un po' un tuffo nel passato ma va riconosciuto che una sceneggiatura quasi sempre priva di tempi morti ha reso il lungo viaggio piacevole, anche se stancante. Anche la componente ruolistica è decisamente migliorata pur restando molto legata alla tradizione, per cui mi hanno soddisfatto sia la progressione del party che le battaglie con i boss. Al netto di tutto riconosco quindi che questo titolo sia senz'altro uno dei migliori giochi di ruolo giapponesi dell'ultimo quinquennio, per cui non posso che consigliarlo a tutti quelli che amano il genere.