mercoledì 30 ottobre 2024

Phaser Patrol

 




Phaser Patrol - 1982 - Versione Atari 2600


Phaser Patrol è uno trai i migliori giochi presenti su questa console, è fuori discussione. Dal punto di vista ingegneristico è un vero capolavoro, con una grafica semplice e pulita ma estremamente efficace, ricca di elementi e soprattutto fluidissima durante i combattimenti spaziali. Una delle caratteristiche più interessanti, direi più unica che rara, è l'utilizzo esteso dei tasti/selettori presenti sulla console. Quelli che nel 99% dei titoli vengono utilizzati per la loro funzione standard, qui invece hanno un utilizzo completamente diverso e integrato nel gioco.


Ad esempio, il selettore colore/bianco&nero attiva o disattiva gli scudi (con un effetto grafico molto bello, per l'epoca), mentre uno dei selettori della difficoltà ti fa accedere alla mappa dei settori. Questo utilizzo extra-standard della console mi fa domandare perché non ci avesse già pensato nessuno (e forse, suppongo, c'erano delle linee guida Atari da seguire e che qui sono state disattese) e io l'ho sempre trovata una gran figata.


Il gioco in sé non è per niente difficile, soprattutto quando capisci come si fa ad evitare i colpi nemici, e devo dire che l'utilizzo di un joypad al posto del classico joystick Atari lo rende ancora più facile: in sostanza non ci giocavo da 40 anni esatti e l'ho finito in scioltezza con voto B.


Non è infatti tanto la difficoltà a rendere interessante il gioco, visto che è sempre possibile riparare la navetta quando alcuni dispositivi si guastano, quanto il voto che riesci a prendere alla fine. La navetta ha infatti tanti dispositivi che possono essere pienamente funzionanti, semi operativi o totalmente distrutti, a seconda dei colpi nemici incassati. Tra questi dispositivi ci sono i già citati scudi, il radar (in  puro stile Elite, ma nota che Phaser Patrol è uscito ben due anni prima!), i missili e il mirino automatico. Se tutto funziona alla perfezione diventa un gioco da ragazzi, se invece qualcosa si guasta conviene tornare alla base amica per aggiustare le componenti danneggiate, ma il voto scenderà di conseguenza.


Per ottenere il voto A devi ridurre al massimo il consumo di energia, quindi devi giocare tenendo gli scudi abbassati, non subendo mai danni e saltando in giro per i settori il meno possibile. Insomma non è proprio facilissimo, ed è qui la vera sfida. Tutto sommato comunque questo è un gioco su cui vale la pena davvero fare un giro, vista la sua giocabilità sopraffina, il suo modo originalissimo di usare la console e la profondità nella gestione del mezzo. Una vera perla nel catalogo del VCS.



domenica 27 ottobre 2024

Pole Position (l'arcade!)

 


Pole Position - 1982 - Versione Arcade

Pole Position è stato uno dei giochi più presenti nella mia giovinezza. L'idea di guidare un bolide da Formula 1 con la pista rappresentata su chermo praticamente in soggettiva era un vero e proprio sogno nell'immaginario di un bambino cresciuto negli anni '70. Il gioco arrivò nei bar con un vero volante, il cambio, i pedali... era davvero troppo bello per essere vero!


Non ricordo quanto ci ho giocato al bar, ma non ero un asso. La famose gimcane per me era un passaggio letale, e se è vero che alla fine riuscivo facilmente a qualificarmi in pole, non ricordo se ho mai terminato tutti i 4 giri necessari per finire la gara. Probabilmente no!


Quando me lo feci regalare per Atari Vcs, era l'inizio dell'84, ci giocai così tanto da star male (non esagero) e ovviamente non mi avvicinai più alla versione arcade, anche se tecnicamente questa restava su di un altro pianeta. Dieci mesi più tardi arrivò la versione per Commodore 64 (costo ZERO, contro le 90.000 Lire del cartuccione Atari) e anche lì ci giocai tantissimo, ma non la trovavo così tanto più bella se non nella grafica (che comunque non era sconvolgente). Sommando tutto comunque penso di aver raggiunto un monte ore notevole su questo gioco, tra tutte le varie versioni.


Ma la versione arcade come è oggi? Devo dire che è abbastanza deludente. La grafica scorre fluidissima ma i mezzi, ad iniziare dal nostro bolide, hanno un aspetto giocattoloso che stona moltissimo. Abituati come siamo ad una ricerca verso il fotorealismo, vedere una gioco di formula con una grafica ideata e realizzata per sembrare invece un giocatolo mi fa uno strano effetto. Ovviamente la pista è piatta e i concorrenti sono solo oggetti che vanno lentamente per la loro strada, quindi non c'è nulla per cui valga la pena giocare a Pole Position oggi. E' comunque stato l'"apripista" per tutto quello che è venuto dopo, per cui rispetto per il gioco Namco, e... ora ci torno a giocare!



mercoledì 23 ottobre 2024

Alpine Ski

 


Alpine Ski - 1982 - Versione Arcade

Mamma mia! Mi ero proprio dimenticato di questo maledettissimo gioco arcade. La grafica mi faceva pena già quando ci giocavo nel 1983, la giocabilità era infima, la musica ti faceva sanguinare le orecchie, per non parlare della poca varietà. Insomma ce n'era abbastanza per rimuoverlo dalla mia memoria, Eppure, eppure....


Eppure ci ho speso un miliardo di lire (in monete da 200) perché era un gioco, per l'appunto, maledettissimo per quanto ti sapeva intrappolare nel suo gameplay semplice ma bastardo, dove bastava sfiorare un albero per cadere rovinosamente, dove il tempo scorreva inesorabile lasciandoti sempre indeciso tra il correre via, evitando gli ostacoli, e la voglia di prendere quei maledetti 1500 punti incastonati tra due rocce dietro alla lastra di ghiaccio. E dall'altra parte però che soddisfazione evitare l'ostacolo, la motoslitta, lo sciatore in panne...


Personalmente ero scarsissimo, e ci ho messo davvero cento partite prima di arrivare al "bonus stage" del salto con trampolino. Praticamente il gioco consiste in tre livelli: la discesa fuori pista (tra alberi, rocce e laghi ghiacciati), la pista di slalom identica alla precedente ma con delle porte tra le classiche bandierine, e il già citato salto dal trampolino, col quale accumulare punti bonus. Le prime due fasi sono simili in tutto e per tutto, la terza invece richiede di sapersi lanciare e poi atterrare senza sfracellarsi.


Il tutto con una grafica terribile. Sotto certi aspetti Apline Ski ricorda un brutto gioco per Commodore 64 (ad iniziare dalla scenetta iniziale in funivia, che sembra fatta con caratteri pet-ascii) e infatti quando fu portato via dalla mia sala giochi non credo di averlo rimpianto nemmeno per un minuto.


Eppure ieri mi ci sono trovato a giocare per ore, come ai vecchi tempi, senza peraltro riuscire a superare il secondo ciclo di livelli, a dimostrazione di quanto sia bastardo questo titolo. Indubbiamente sono attratto dal gusto dell'orrido, altrimenti non saprei spiegarti perché questo gioco mi abbia sempre così tanto affascinato, con la sua neve azzurrina e gli alberi quasi rossi. Vuoi provarlo e dirmi se sono malato io o se effettivamente il gioco ha qualcosa di magico?



martedì 22 ottobre 2024

40697: la zucca di Halloween

 


40697 - Anno 2024 (254 pezzi)

Ecco un set tematico che si addice proprio a questo periodo, una bella zucca di Lego che, se le premi il picciolo, si illumina pure! Il risultato, diciamolo, non è dei migliori: la zucca è riconoscibile ma non ha molto un aspetto tondo e, in definitiva, "carino", sembra davvero spigolosa e ricorda più un'arancia che una zucca. Il fatto che si possa cambiare la maschera costruendo, a scelta, il viso maligno o quello sorridente, è una buona idea, ma non basta a dare quel feeling da halloween che mi sarei aspettato da questo set. Insomma: ha qualcosa che la fa sembrare fuori posto, a mio parere.
A corredo c'è anche un fantasmino che svolazza al suo fianco, che è carino, ma niente più. Sommando tutto il set è più che discreto ma non mi convince appieno.

Prezzo nuovo Eur 29

Giudizio finale 7



lunedì 21 ottobre 2024

Dark Cloud

 


Dark Cloud - 2000 - Versione Playstation 2

Lasciami dire una cosa banalissima, scontata, ma che è una delle grandi verità per noi videogiocatori di vecchia data: gli emulatori ci permettono di recuperare titoli che, per un motivo o per l'altro, avremmo voluto provare all'epoca dell'uscita ma che invece ci siamo persi. E tra questi, per il sottoscritto, c'è Dark Cloud, un gioco che è diventato classico per Playstation 2 per due motivi: è stato tra i giochi pubblicati al day one per questa console (e finì quindi nelle case di molti "early adopter") ed è stato il primissimo titolo pubblicato dalla Level-5, una software house che è entrata nella storia.



Devo subito dire che di Dark Cloud non ne ho mai sentito parlare benissimo da chi invece all'epoca ci giocò. Tra questi c'è anche mia moglie che me l'ha liquidato con "è stato il primo gioco che ho avuto con la Playstation 2, ma non mi è mai piaciuto, passavi tutto il tempo a tirare colpi con la spadina". Un po' lapidaria, invero, ma anche sulle riviste dell'epoca non ho mai visto nessuno particolarmente entusiasta, e finalmente oggi ho capito il perché.


Dark Cloud è un gioco classicissimo, il più banale dei dungeon crowler in terza persona, con mappe semicasuali ma composte sempre dai soliti cinque o sei elementi ricombinati in modo differente. Ci sono una mezza dozzina di labirinti differenti da esplorare, ma quello che cambia tra un e l'altro è fondamentalmente solo l'aspetto estetico. Tutto questo rende il gameplay ripetitivo? Sì. I nemici standard sono anch'essi poco vari (ce n'è una dozzina per dungeon) e i boss sono pure loro ripetitivi nella strategia da adottare per batterli. 


Credo che pure per l'epoca la grafica non fosse un granché, ma oggi sembra davvero poverissima e pure poco ispirata. Le musiche non sono nulla di memorabile se non per il fatto che sono ripetitive e talmente tanto ripetute che alla fine ti entrano in testa. Insomma, Dark Cloud è un disastro? No. Ha comunque qualcosa da dire.


Le meccaniche sono semplici, ma lo sviluppo degli armamenti, di tipo diverso per ciascun membro del party, è un processo interessante. L'esplorazione è noiosa, è vero, ma l'ansia di perdere l'arma tanto faticosamente sviluppata dona un pizzico di pepe ad un gioco altrimenti abbastanza soporifero. Purtroppo è richiesta una certa abilità col pad, visto che i combattimenti sono action, e purtroppo l'aggancio dei nemici - che è FONDAMENTALE - è estremamente complicato, per non dire che funziona di merda, con esiti a volte disastrosi.


C'è in più questa cosa che devi raccogliere nei labirinti i pezzi dei villaggi distrutti dal cattivo più cattivo del gioco, per cui riposizionando i vari elementi si ottengono potenziamenti e oggetti vari utili se non fondamentali per progredire nel gioco. La realizzazione di questa fase del gioco, anche qui, è abbastanza discutibile, ma per l'epoca era comunque un'aggiunta interessante e non posso bocciarla.


In definitiva, lo dico senza mezzi termini, giocare oggi a Dark Cloud è abbastanza una pena, sia per motivi tecnici (l'aggancio dei nemici ti farà scaraventare il pad dalla finestra) sia per la lentezza e la poca varietà presente praticamente in ogni aspetto del gioco. Personalmente mi sono divertito per una decina di ore, poi ho iniziato a provare quella sensazione di "perché perdo tempo a fare sempre le stesse cose?" che la scoperta di nuovi personaggi del party e di nuovi labirinti non è riuscita a controbilanciare. Sono comunque contento di aver provato questa esperienza, se non altro per colmare una mancanza che mi tiravo dietro da quasi venticinque anni!




domenica 20 ottobre 2024

Roia



Roia - 2024 - Versione Android

Roia è un gioco che dura, dall'inizio alla fine (dalla sorgente allo sbocco al mare) non più di un'ora e costa circa tre euro. Se la cosa ti sembra sproporzionata allora chiudi questa pagina e torna a giocare a Fortnite. Se invece ti interessa sapere perché sono qui a parlarne, allora proseguiamo.



In questo gioco tutto quello che puoi fare è alzare o abbassare il terreno di gioco, un po' come avveniva nello storico Populous, in modo da favorire il convogliamento delle acque del fiume Roia che altrimenti finirebbero per disperdersi lungo il percorso. Si parte dalla prima sorgente, e si deve condurre le acque fino al mare.


Lungo il percorso si incontrano ostacoli di ogni genere, e naturalmente questi vanno aggirati cercando nel contempo di far confluire altre sorgenti che si incontrano lungo il percorso. E' anche possibile creare accidentalmente dei disastri, inondando campeggi, strade o paesi. Naturalmente nel caso si facessero delle vittime, il gioco si resetta all'ultimo checkpoint.


La difficoltà è comunque minima e con un po' di accortezza si riesce a creare un percorso che possa accontentare tutti, magari riuscendo a fare fiorire vigne o campi di lavanda. Tutto questo avviene mentre una rilassante musica eseguita al piano ci accompagna in questo viaggio attraverso paesaggi low-poly ma molto suggestivi. L'esperienza è, in definitiva, molto interessante e dispiace solo che l'idea di base, così interessante e capace di dare soddisfazione sensoriale e ludica, sia stata sfruttata solo per un percorso e con così poche variabili durante il viaggio.


Forse tre euro sono troppe per questo titolo, che sembra più una demo di un gioco più grande che un'esperienza fatta e finita. Ma se dovesse essere pubblicato un seguito con più percorsi, variabili, problematiche da risolvere/evitare, potrebbe uscirne un titolo che meriterebbe di essere acquistato anche a 20 euro.



martedì 15 ottobre 2024

Lunar Rescue

 


Lunar Rescue - 1979 - Versione arcade

Non puoi immaginare quanti soldi abbia buttato con questi gioco quando avevo otto o nove anni: Lunar Rescue era un gioco molto diffuso dalle mie parti, lo trovavi nei bar o nelle trattorie di paese, praticamente sempre in installazioni in bianco e nero (non l'avevo mai visto a colori prima che mi arrivasse col Mame), ma era sempre molto ambito dai giocatori, anche perché fu proprio tra i primissimi arcade che ci capitavano sotto mano.


La versione a colori tra l'altro oggi ricorda moltissimo i giochi tipici dello Spectrum, con quella monocromaticità mascherata in grosse zone di colore e quell'effetto color-clash che hanno reso celebre il piccolo home computer. Ma al di là di questo Lunar Rescue è un gioco altamente derivativo: ad una prima fase molto simile a Lunar Lander, in cui però si deve fare attenzione solo a schivare gli ostacoli piuttosto che doversi preoccupare delle accelerazioni della nostra navetta, segue una fase di risalita in cui il gioco ricorda - anche iconograficamente - Space Invaders.

Personalmente mi ha sempre esaltato la fase di atterraggio: dà veramente una gran soddisfazione far poggiare la navetta sulla piattaforma dopo aver schivato asteroidi in caduta libera. Al contrario ho sempre trovato molto frustrante la risalita, spessa funestata da nemici che compaiono improvvisamente ai bordi dello schermo, o dalla temibile "scoreggia spaziale" che compare in mezzo allo schermo e che si muove velocemente in diagonale beccandoti puntualmente. Ma è soprattutto la meccanica del "salva tutti gli omini" che mi ha sempre spinto ad inserire monete da 100 lire una via l'altra in questa macchinetta. Riuscire a salvarli tutti e sei era diventata una missione di vita per me!


Rigiocare oggi a Lunar Rescue, dopo praticamente 45 anni, fa uno strano effetto. Se dal punto di vista tecnico il gioco è quello che è, dal punto di vista ludico ha ancora invece un suo significato. L'unico vero limite è che la superficie - la schermata - è sempre la stessa, livello dopo livello. Sarebbe bastato alternare due o tre diversi orizzonti d'atterraggio per rendere l'esperienza molto più interessante (e memorabile). Detto questo Lunar Rescue non è certo un gioco per tutti, ma va in ogni caso provato.



lunedì 14 ottobre 2024

The Legend of Dragoon

 


The Legend of Dragoon - 2000 - Versione Playstation (Americana)

All'inizio degli anni 2000 avevamo fame di GdR giapponesi, soprattutto se simili a quelli della saga di Final Fantasy: era la moda del momento, la novità, la killer application per la console Sony, qualcosa che ci attirava come le api col miele. The Legend of Dragoon era quello, era un "clone" di Final Fantasy 7, un gioco strutturato e ideato allo stesso modo, ma era pur sempre una copia, e infatti mancava di tante delle caratteristiche che avevano reso il gioco della Square leggendario.


Cionondimeno ci giocai e mi piacque. Per l'epoca era comunque un signor gioco, capace di regalare tante ore di divertimento. Oggi però le cose sono cambiate, e mentre FF7 continua a conservare tutto il suo stile, la sua poetica, e il suo fantastico sistema di gioco, The Legend of Dragoon invece sembra davvero invecchiato e, in definitiva, è poco divertente e non ha grandi spunti che lo rendano memorabile.


Ad esempio, all'epoca il fatto che ci fossero delle voci a recitare gli attacchi speciali sembrava una grande innovazione, ma oggi ovviamente non ci si fa nemmeno caso. Mentre le musiche, che già all'ora sembravano poco ispirate, oggi si rivelano per quello che sono: corte, piatte e stereotipate... in alcuni casi anche brutte. All'Arte di Nobuo Ueamatsu non si avvicinano nemmeno da lontano.



E se la grafica aveva ed ha ancora oggi il suo bell'impatto (soprattutto i meravigliosi sfondi fissi - comunque animati) i combattimenti sono un po' troppo monotoni, mancando di quella fondamentale personalizzazione dell'equipaggiamento che fa la differenza tra un gioco piatto ed uno profondo. Ci si trova quindi a passare linearmente da un ambiente all'altro combattendo sempre allo stesso  modo contro mostri noiosi, spesso in modo inconcludente! Nel senso che i nemici normali danno così poca esperienza che non ha senso restare a "grindare" per potenziarsi: in pratica i livelli si fanno solo sconfiggendo i boss! E allora le (numerose) battaglie casuali sono solo una rottura di coglioni.


Tieni conto tra l'altro che le magie sono appannaggio solo di pochi turni, previa ricarica di una barra di trasformazione, a mo' di "limit break", e che per fare danni veri ai nemici è necessario premere i tasti del pad in una sorta di "quicktime event" che alla centesima iterazione ti viene voglia di non farlo più... insomma non c'è varietà, e quella poca che c'è non vale nemmeno la pena di essere esplorata più di tanto.


Insomma questo gioco racchiude in sé tanti elementi, alcuni di ottima qualità, ma la ricetta non è così ben riuscita come avrebbero voluto gli sviluppatori. Legend of Dragoon può anche appassionare ma non avendo più il mordente che poteva avere nel 2000 oggi appare un po' troppo stereotipato, lineare e poco esaltante, laddove invece dovrebbe risvegliare la voglia di combattere e primeggiare contro il male. E infatti oggi l'ho lasciato a metà (ma nel 2000 l'avevo finito, eh!).



lunedì 7 ottobre 2024

Bull Fight

 


Bull Fight - 1984 - Versione Arcade

Dopo aver giocato a Mole Attack, ecco un altro bel gioco dove maltrattare, se non addirittura uccidere, poveri animali indifesi. Con tutto il rispetto per le tradizioni secolari delle altre nazioni, ci sono proprio delle cose che dovrebbero essere abolite dalla faccia della terra, come i combattimenti tra cani o tra galli, e come - ed eccoci arrivati- prima tra tutte la corrida.



Uno spettacolo per me inguardabile che è stato per così dire cristallizzato in un gioco piuttosto orribile anche per gli standard del 1984, anzi su Commodore 64 quell'anno c'era già di meglio, dal punto di vista tecnico. Ma è dal punto di vista del gameplay che questo titolo dà il peggio di sé: praticamente bisogna solo imparare a non farsi incornare frontalmente, cercando nel contempo di colpire il povero toro sulla schiena... finché non si acascerà al suolo sanguinante e inerte.


Ogni tanto c'è un livello bonus in cui sopravvivere più tempo possibile, a volte entra nell'arena un secondo toro, o fanno il loro ingresso altri toreri, ma il gioco è tutto qui. L'unico lato veramente positivo in tutto questo è che per lo meno nessuna bestia innocente dovrà soffrire a causa della crudeltà del giocatore. Un gioco davvero brutto.



domenica 6 ottobre 2024

Mole Attack

 


Mole Attack - 1982 - Versione Arcade

Probabilmente ti sarà capitato di vedere su qualche rivista o su qualche sito web, rubricata come strana bizzarria nipponica, l'immagine dell'arcade da sala giochi Whac-A-Mole, un cabinato elettromeccanico dove è richiesto di battere un martello sulla testa di alcune malcapitate talpe che hanno l'ardire di sbucare in maniera casuale da una mezza dozzina di buchi presenti sul tavolo da gioco. Un gioco tanto frenetico e divertente quanto disumano in quello che rappresenta. Io una volta ho ucciso davvero una talpa, ma è stato un evento del tutto accidentale e non ho dormito per quattro giorni per il rimorso, quindi quella di prendere le talpe a martellate mi sembra una crudeltà insopportabile!


Al di là delle mie paturnie personali, e dall'ovvia sensibilità che si spera che abbiamo tutti verso gli animali, nel 1982 ne fu pubblicata una versione totalmente elettronica, nella forma di questo videogame "Mole Attack": i buchi sono rappresentati sullo schermo (in modo abbastanza orribile), e il martello viene sostituito da nove grossi tasti (uno per ciascun buco simulato). La chiave per vincere è quella di rendere la tastiera un'estensione del proprio corpo in modo da premere il tasto giusto senza doverlo cercare, visto che il gioco è talmente veloce e il tempo a disposizione per raggiungere il punteggio minimo è talmente risicato che non si ha davvero la possibilità di togliere gli occhi dallo schermo.


Oltre a questo non tutte le talpe vanno martellate: quelle senza faccia vanno evitate (non mi chiedere il perché) altrimenti si torna indietro col punteggio, e insomma già bisogna essere lestissimi a capire cosa vada colpito e cosa no, che se si vuole superare i livelli non è assolutamente possibile non avere le dita già pronte a toccare il tasto giusto. Il gioco è comunque tutto qui, e per quanto sia moralmente deprecabile, è divertente schiacciare le talpe, almeno per un po'. La difficoltà all'inizio è terrificante, ma non appena si apprende un po' di memoria muscolare diventa un po' come suonare uno strumento musicale, e quindi la cosa si fa via via sempre più facile e diventa possibile ottenere buoni punteggi. Sempre che si arrivi a perseverare su un gioco che è comunque tecnicamente, e ludicamente, poverissimo.