DISCOGRAFIA JOVANOTTI (2a parte)
Continuo con la disamina dei dischi in studio del Jovanotti nazionale, cercando il motivo per cui continuo fieramente a dire che non mi piace. Dopo la prima parte non avevo cambiato idea, pur riconoscendo che ha fatto cose uniche e cha alcuni brani mi sono piaciuti. Ora vediamo cosa esce da questa seconda parte, ma intanto - guardando la foto qui sopra - ammetto che mi indispone anche il look di questo artista, probabilmente lui si sente figo, probabilmente molta gente lo troverà figo, a me sembra un naufrago o peggio un barbone di quelli che, poveracci, dormono sotto i portici, e la cosa mi ripugna soprattutto perché quest'uomo potrebbe tranquillissimamente dormire in una villa a Portofino.
- LORENZO 1997 - L’ALBERO
Un altro disco lunghissimo e, se vogliamo, piuttosto pesante. Il tutto si regge su degli arrangiamenti oggettivamente fenomenali per qualità e ricchezza, eseguiti da musicisti coi controcoglioni. Peccato però che il risultato sembri un disco uscito nel 1977 e non nel 97, cioè sembra di sentire un disco di Bill Whiters e non una produzione fatta alle soglie del 2000. C’è a chi piace, è una questione di gusti. Per me invece è tutto di un barocco quasi stucchevole e, soprattutto, tanta bellezza e opulenza risulta oggettivamente schiacciata da una scrittura, nelle armonie e nelle melodie, talmente elementare e scontata da far risultare la maggior parte dei brani eccessivamente lunghi e piatti. Prendiamo “bella”, la traccia più nota estratta dall’album: se ci togli il cantato e lasci solo la base ci puoi cantare sopra una dozzina di canzoni diverse già scritte prima. Oltre a questo, i testi di questo album fanno un enorme passo indietro rispetto al disco precedente, e pur risultando migliori della media dei trappettari odierni, sembrano davvero dei pensierini scritti da un tredicenne (tranne qualche buona eccezione, tipo “occhio non vede, cuore non duole” che secondo me ha persino ispirato “Quelli che ben pensano” a Frankie Hi-nrg). Per concludere una nota sul “canto” di Jovanotti: anche qui è una questione di gusti, ma secondo me è veramente brutto per stile e timbro. Quando rappa è ok, a parte la zeppola. Ma quando canta e tira le note… mamma mia! In sostanza se prendiamo queste canzoni e ci mettiamo un arrangiamento normale, di quelli che fanno adesso, oggi non le ascolterebbe nessuno. D’altra parte se con questo arrangiamento avessero messo all’epoca qualcuno con un timbro migliore probabilmente parlerei molto meglio di questo Lorenzo 1997 - L’Albero. In definitiva non lo riascolterò mai più.
- LORENZO 1999 - CAPO HORN
La prima cosa che si nota di questo Capo Horn è che Jovanatti ha preso seriamente lezioni di canto, il tecnico del suono ha imparato a valorizzare un po’ di più il timbro bruttino di Lorenzo, e per finire è stato applicato un bel po’ di autotune, ma in modo oculato. Il risultato? Le parti cantate sono finalmente ascoltabili! Dal punto di vista sonoro questo disco resta nella continuità coi lavori precedenti, anche se si nota, in alcuni brani, la ricerca di qualcosa di un pelo più moderno. Resta comunque un disco troppo lungo visto che, per quanto gli arrangiamenti siano come sempre curatissimi, la parte armonica e le melodie sono anch’esse sempre di una pochezza disarmante, per cui non si capisce il prò di aver portato avanti così a lungo quasi tutti i brani. Per finire i testi sono decisamente migliori di quanto si è ascoltato nel disco precedente, con alcuni spunti interessanti anche se piuttosto qualunquistici. In definitiva un disco un po’ noioso, dal sound anni 70 veramente curatissimo ma ancora un po’ troppo stantio, tra ottoni, Hammond, Clavinet e stucchevoli fioriture di basso.
- LORENZO 2002 - IL QUINTO MONDO
Finalmente arriva il Lorenzo che ha capito tutto di come gira il mondo, e quindi quello che si sbizzarrisce in testi (devo dirlo, in molti casi scritti bene) in cui denuncia il mondo occidentale e le sue ipocrisie, ergendosi a difensore dei deboli e delle popolazioni sfruttate. Inizia quindi con la decostruzione del modello occidentale, che inquina e calpesta, mentre lui - che pensa con la sua testa e non si fa ingannare dai poteri forti - si ribella a tutto questo. Diciamo quindi che questo è il Jovanotti socialmente attivo, multietnico, inclusivo, quello che dall’alto della sua torre d’avorio vuole insegnare a noi poveracci come vivere in modo umano e solidale. Musicalmente il disco non è male, ha delle sonorità meno barocche con influenze, finalmente, differenti dal solito funky anni 70 (pur non mancando pezzi col solito sound). Dicevo dei testi: sicuramente molto più ispirati e travolgenti, pur se ricalcano sempre la solita retorica, come il ripetere alcune frasette svariate volte, dirne una l’opposto dell’altra eccetera. E’ un bel disco? Diciamo che è meno noioso dei precedenti e che in alcuni momenti ti sa prendere (al di là della pena che possono suscitare alcuni concetti espressi).
- BUON SANGUE (LORENZO 2005)
Pur non tradendo il suo solito sound, in questo disco Jovanotti sa un po’ aggiornarsi introducendo qua e là dei synth (niente di epocale, roba tipo il Minimoog o l’Ob-X8 che esistevano già negli anni ‘70), che creano qualche gioco un po’ diverso dal solito e a volte ammorbidiscono il sound con dei tappeti. Sicuramente non c’è solo questo, si nota qualche batteria elettronica e, in generale, un utilizzo meno classico degli elementi tanto cari al nostro Jova. I testi per fortuna sono molto meno in tono predicativo, anzi si può dire che siano molto più generalisti ed aperti a diverse interpretazioni. In sostanza questo Buon Sangue è coerente con il percorso di Lorenzo, ma è decisamente un passo di evoluzione, di maturazione. Mi sento di dire che sia un buon disco, cantato in modo discreto, con testi un po’ ridondanti e non particolarmente incisivi, ma che si lascia ascoltare.
[continua...]
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