martedì 31 dicembre 2019

I Lemmings: poverini!



Lemmings - 1991 - Versione Amiga


Rigiocare a Lemmings dopo quasi trent'anni fa un certo effetto, che sto cercando ancora di metabolizzare. Partendo dal presupposto che non ho mai giocato a nessuno dei suoi numerosi seguiti, mi sono quindi ritrovato, nel 2019, a confrontarmi col ricordo pulito e crudo di un videogioco che, indubbiamente, ha fatto epoca.



Quando uscì lo apprezzai moltissimo per le idee e la realizzazione tecnica (in particolare per le animazioni delle creaturine), ma ricordo molto bene non mi appassionò quanto invece accadde per molti miei amici (compresa - ho da poco scoperto - mia moglie, che mi ha rivelato che all'epoca lo portò a termine), e infatti non l'ho mai finto, fermandomi dopo aver risolto, forse, la metà dei livelli proposti.



Ebbene, rigiocarci adesso è ancora molto piacevole, e non solo perché si tratta di un vero tuffo nel passato per chi, come me, all'epoca era solo un ventenne. E' il feeling generale del gioco che è ancora assolutamente vincente, ad iniziare dalla "visione" stilistica di ogni suo elemento. Grafica e sonoro, dopo tutti questi anni, sono ancora più che dignitosi, anche se chiaramente non molto elaborati, e le animazioni dei nostri poveri bestiolini, sotto certi versi, sono ancora sorprendenti. Insomma il gioco è invecchiato discretamente!



Quello che però non mi esaltò all'epoca, e che trovo adesso ancor più stucchevole, è invece l'interfaccia con cui interagiamo coi Lemmings. La gran parte degli schemi, soprattutto nei livelli avanzati, vanno risolti non solo ragionando (i livelli sono tendenzialmente dei grandi rompicapi) ma anche eseguendo determinate azioni con rapidità e precisione, cosa che - per me - non è mai stata troppo semplice. Mi trovavo spesso a lottare con il mouse dell'Amiga, che va costantemente spostato rapidamente dalla barra dei comandi (posta in basso) fino al Lemming che si vuole selezionare, che è minuscolo e in movimento. Dovendo spesso fare questa selezione magari per due o tre azioni in rapida sequenza, e viste le piccole dimensioni dei vari elementi di gioco, era difficile, per me, essere preciso e quindi efficacie nei tempi ristretti che il gioco impone. Ebbene, mi sono trovato a fare i conti con lo stesso problema anche oggi! Sicuramente si tratta di una mia incapacità congenita ad essere preciso col mouse, lo ammetto, ma avrei apprezzato un po' più di elasticità nel sistema di controllo, e magari la possibilità di impartire comandi ai Lemming anche con la pausa inserita.


Detto questo, Lemming resta un gioco molto appassionante e divertente, senza contare quanto appagamento è in grado di restituirti ogni volta che superi un livello. E' altresì impossibile non farsi scappare, tra una madonna e l'altra, anche qualche "poverino" quando una di queste piccole creature si spiaccica al suolo, esplode, o viene dilaniato da una trappola; perché oltre all'aspetto ludico i programmatori sono riusciti ad attribuire al gioco anche un carattere emotivo straordinario, facendo leva sul nostro istinto paterno/protettivo nei confronti dei protagonisti di questo titolo, esserini senza guida, intelligenza e difese.




Lemmings, in definitiva, è ancora un gioco valido che merita di essere riscoperto e giocato a fondo (se riesci ad essere preciso col mouse!). Ogni livello può essere risolto in una manciata di secondi, dandoti anche la possibilità di affrontare il titolo a piccole dosi. Un classico senza tempo.


lunedì 30 dicembre 2019

La mia cover di Oxygene 4


La mia cover di Oxygene 4


Una volta tanto parlo di qualcosa fatto da me. Il punto di partenza è che il mio brano musicale preferito di sempre è Oxygene 4 di Jean Michel Jarre. Non so spiegarti il perché la mia preferenza cada proprio su questo brano e non su tanti altri che hanno accompagnato momenti belli o meno belli della mia vita, ma posso dirti con certezza che Oxygene 4 mi ha rapito e stregato fin dal primo ascolto, che ricordo ancora piuttosto bene benché il fatto accadde quando avevo solo 6 anni (quindi... hem... 42 anni fa!). C'era un programma televisivo settimanale su Rai 2 che proponeva dei servizi vagamente documentaristici relativamente a "tutto quanto fa spettacolo", dal titolo "Odeon": uno di questi servizi mostrava gente che andava in canoa sulle rapide, c'erano immagini al rallentatore di questi sportivi che remavano in mezzo agli schizzi, con in sottofondo (in modo piuttosto ossessivo) Oxygene 4. Il brano mi entrò dentro, fu davvero amore al primo ascolto. In seguito, visto che mia madre aveva l'abitudine di sentire la radio ogni giorno e ad ogni ora, fin dal primo mattino, è capitato qualche volta che il brano passasse per radio e che quindi ne ascoltassi qualche pezzettino qua e là: il bambino Roberto restava incantato ogni volta ad ascoltare, per poi suonarsela mentalmente per giorni; ma non ebbe mai l'opportunità di scoprire chi fosse l'autore di tale meraviglia. Infatti scoprii il nome di Jarre solo diversi anni dopo, avevo già 14 anni, e un ragazzo con cui ero in viaggio in Inghilterra comprò un paio di cassette di Jarre in un negozietto in Portobello Road, tra cui l'LP di Oxygene, e ce lo fece ascoltare in pullman: finalmente scoprii il nome dell'uomo che per tutti quegli anni avevo cercato, e mi procurai a razzo tutte le altre opere (uscite fino ad allora) di questo fantastico autore francese.

Tutto questo riassuntone che ti ho appena propinato fa da preambolo al fatto che sono sempre stato ossessionata da Oxygene 4. Cercai di riprodurlo col Sid del C64 a 14 anni (ma senza successo), salvo poi trovare un videogioco per questo computer (di cui al momento mi sfugge il nome) che lo aveva come musica in-game; poi tentai di produrlo, 3 anni dopo, con il Sonix dell'Amiga (e mi venne malissimo). Ora, dopo più di 30 anni, ho deciso che fosse il momento per tentare di fare una cover definitiva, la più fedele possibile all'originale.

Il brano è, musicalmente parlando, semplicissimo: è un 6/4 con davvero 3 accordi in croce, pochissime note tra l'altro facilmente individuabili ad orecchio, e anche dal punto di vista della quantità di tracce strumentali siamo veramente ad un livello piuttosto minimale. Se l'insieme del brano funziona così bene è quindi dovuto senz'altro alla melodia, ma non solo: la magia del brano è in gran parte dovuta alle sue timbriche talmente particolari da ricreare un "sound" magico ed ancora oggi unico nel panorama musicale mondiale. Senza voler entrare in un'analisi troppo approfondita, il segreto di questo pezzo (e di gran parte della produzione di Jarre) è nell'utilizzo di un'effettistica molto influenzata dal così detto effetto phaser, un processore sonoro che dà una sorta di sensazione d' "onda" ai suoni prodotti dai sintetizzatori, andandone a sottolineare il carattere in modo leggermente diverso per ogni nota (generalmente restituendo all'orecchio una sensazione glaciale e drammatica, ma a volte anche sorprendentemente calda e frizzante). Per ricreare una cover convincente di questo brano, non è quindi tanto importante studiarsi lo sparito quanto invece è fondamentale ricercare timbri il più possibile aderenti all'originale ed applicare ad essi la giusta qualità e quantità di effetti.

Credo di aver fatto un lavoro, in questo senso, molto accurato, e ne sono soddisfatto al 90%. La maggior parte dei suoni e degli effetti sono riuscito a riprodurli con un decente grado di fedeltà, sempre considerando che ho usato la scheda sonora del Pc, seduto nel mio salotto, mica un paio di milionate in attrezzature specifiche, allestite in un superstudio di registrazione, con a disposizione professionisti nel mixaggio! Resta purtroppo il solito problema del ritornello, croce di qualunque cover di Oxygene 4 che si può trovare in rete, anche delle migliori: dopo due giorni di tentativi e riascolti mi sono alla fine accontentato di un timbro che si avvicina molto al suono originale del ritornello, ma che manca dell'effetto giusto capace di mettere in risalto quelle armoniche alte che lo rendono così caratteristico. In altre parole, ascoltando la mia cover l'illusione di trovarsi davanti all'originale crolla miseramente nel ritornello, per la presenza di un suono che a mio parere è all'altezza del brano ma che non suona come l'originale. Ho fatto una ricerca lunghissima, ho passato davvero ore nella speranza di ricreare quel maledetto suono, ma per il momento mi sono arreso, accontentandomi di quello che si può sentire nel mix finale.

Per quanto riguarda il video, la maggior parte delle cover che si trovano su Youtube ripropongono gente più o meno convinta che fa più o meno finta di suonare circondata da non meno di una mezza dozzina di tastiere o da macchinari avveniristici. Il mio video invece ripropone solo la mia facciona in un angolino mentre il sequencer suona il brano "live": non si tratta quindi di un render del brano ad alta qualità, che per altro risente pure della compressione applicata da Youtube sulle frequenze altre, che suonano un po' sporche e poco cristalline, ma la qualità del risultato resta sufficiente per saggiare la resa del pezzo.

Non resta quindi che indicare il link al video e augurarti buon ascolto:
https://www.youtube.com/watch?v=fhqpwrg8sCY

domenica 29 dicembre 2019

Defender: il mio primo gioco per l'Atari



Defender - 1982 - versione Atari 2600


Defender è il gioco con cui arrivò a casa mia l'Atari VCS,  per cui ho un certo affetto nei confronti di questa cartuccia. 
Tecnicamente è povero ed afflitto da sfarfallamenti talmente evidenti da rendere impossibile una foto dello schermo in cui si vedano contemporaneamente tutti gli elementi di gioco. Ma ciò non di meno il titolo è giocabile e, secondo me, abbastanza divertente da meritare qualche partita. 


Rispetto alla versione da bar  le montagne vettoriali sono sostituite da cubetti azzurri che forse possono essere intesi come i grattacieli di una città, le esplosioni sono fatte con sprite ridicoli (altro che gli effetti e le particelle impazzite viste nel cabinato), ma soprattutto è la difficoltà ad essere passata dall' estremamente complicato, con una mezza dozzina di tasti necessari per comandare la navetta nella versione da sala, al molto semplice della versione casalinga, dove si deve fare tutto (sparare, lanciare la bomba e fuggire iperspazio), con un solo tasto. La difficoltà del gioco è quindi molto bassa, grazie anche al generoso rifornimento di vite extra, e non dovrebbe quindi meravigliare se, undicenne, riuscivo a farmi durare una partita anche 4 ore!


Ho il ricordo vivissimo di lunghi pomeriggi invernali in cui passavo le ore giocando a questo Defender, in compagnia di mia madre che magari stirava ascoltando la radio. Sapevo già allora che questo Defender non era certamente un gioco stupendo, ma fu la mia prima cartuccia, il primo vero videogioco a mia completa disposizione, a casa mia, e ci giocai così tanto che da allora, e mi accada ancora adesso, a volte mi si "incanta" il pollice per l'eccessiva e prolungata  ripetizione del movimento sul tasto di sparo che praticavo proprio nelle ore di gioco con Defender!

sabato 28 dicembre 2019

Labyrinth of Refrain: Coven of Dusk




Labyrinth of Refrain: Coven of Dusk - 2018 - Versione Playstation 4


Ho comprato questo titolo aspettandomi grandi cose, sia perché mi piace il genere (anche nella sua declinazione Jappo, come in questo caso), sia perché sono un estimatore di questa piccola casa software, La Nippon Ichi, dei suoi artisti e dei suoi game designer, che in passato mi hanno regalato giochi veramente appassionanti. E posso dire di essere abbastanza soddisfatto anche questa volta! 



Labyrinth of Refrain probabilmente non inventa nulla nel suo genere, anzi è sorprendentemente conservativo sia nelle sue meccaniche di base che nella direzione artistica, bellissima nello stile e molto piacevole durante il gioco, ma che praticamente riprende la stessa impostazione già vista in due decenni di giochi della stessa casa software; però nonostante questo resta un titolo al netto di tutto molto giocabile e capace di dare ore e ore di divertimento.... anzi, probabilmente anche troppe! 



Infatti il gioco inizia un po' lento, come è abbastanza tipico in tutti i dungeon crawler a caselle con vista in soggettiva (e in quelli di origine nipponica a maggior ragione), ma per le prime ore l'esperienza è tutt'altro che noiosa. Tuttavia quando incominciano ad accumularsi 50 o 60 ore di gameplay praticamente sempre uguale a se stesso, allora questo titolo un po' di fatica inizia a farla per tcercare di tenere incollato il giocatore allo schermo. 



Soprattutto perché le fasi giocate sono intervallate da lunghissimi dialoghi totalmente inutili, verbosi e poco interessanti, che dovrebbero spiegare la trama e motivare i giocatori, ma che in realtà finiscono solo per farti benedire l'esistenza del tasto "skip".



Labyrinth of Refrain non presenta quasi mai scogli insormontabili (giusto il boss finale richiede un po' di preparazione e un minimo di back-tracking per recuperare oggetti lasciati indietro nei primi livelli), ma purtroppo - e questo è forse il maggior difetto a mio parere, e anche la maggio delusione considerato che stiamo parlando di un gioco Nippon Ichi - non consente nemmeno un sano e puro powerlivelling, nemmeno quando si trovano posti, e meccaniche, capaci di farci guadagnare montagne di punti esperienza.



Si può arrivare al punto di essere molto forti e di non avere quasi alcun problema coi nemici normali, ma nessuna meccanica romperà mai il gioco consentendoci di diventare come dei in terra. Da questo punto di vista è molto deludente anche la festione degli oggetti, che si trovano in modo molto copioso, ma che anche fondendoli tra loro non ti daranno mai un oggetto super-uber pazzesco... o per lo meno, non mi sembra di aver trovato ancora il modo per crearne.



Si può quindi dire che la difficoltà è sempre ben calibrata, garantendo un'ottima progressione nel gioco, ma avrei voluto maggior libertà di potenziamento.  Dal punto di vista tecnico il gioco è onesto, chiaramente è un titolo a basso budget, ma quello che deve fare lo fa molto bene. Il sonoro poi è sensazionale come sempre, con voci carine e soprattutto con le musiche di Tenpei Sato, un genio dallo stile inconfondibile.



In definitiva un buon titolo, ma solo per chi ama il genere, a patto di mettere in conto una trama trascurabile tanto nelle vicende che narra quanto, soprattutto, nel modo in cui viene narrata. 


venerdì 27 dicembre 2019

Costruzioni di LegNo




Camioncino di legno  (non so la marca)


Oggi faccio una piccola divagazione su un altro tipo di gioco di costruzioni: per una volta non ho avuto a che fare con plastica inquinante, ma solo con del bellissimo legno biodegradabile! La mia avventura inizia con una costruzione decisamente semplice, un piccolo camioncino che conta non più di una cinquantina di pezzi. La difficoltà maggiore, in questa costruzione, l'ho trovata nel "capire le istruzioni". Viene fornito solo un disegno, che mostra tutti i pezzi (affiancati gli uni agli altri in modo piuttosto bizzarro e non corrispondente a come sono in realtà intagliati nel legno), e ciascun incastro presente su questi tasselli di legno ha un numerino assegnato (solo sulla carta: fisicamente sui pezzi non c'è scritto nulla).



Praticamente bisogna andare a cercare coppie di numerini uguali, iniziando ovviamente dal numero 1, in modo da capire quali siano i primi due pezzi da incastrare tra loro, e poi proseguire con il numero 2, il 3 e via così. I problemi qui sono due: a volte non basta sapere che i due incastri con lo stesso numero si devono unire tra loro, ma servirebbe che fosse detto anche COME debbano essere uniti, visto che non sempre c'è un modo univoco per incastrare due pezzi; inoltre le istruzioni hanno degli errori, in questo caso ne ho trovati ben due, nello specifico un numero compariva tre volte e in un altro caso c'era proprio indicato un numero sbagliato... se tieni presente che in tutto ci saranno stati 60 incastri, la media di errori è abbastanza alta.



Al di là di questa cosa, le difficoltà non mancano anche dal punto di vista "fisico": il legno e i tagli con cui sono sagomati i pezzi sono tutt'altro che perfetti, anzi il tutto va maneggiato con cura perché i pezzi tendono a deteriorarsi abbastanza facilmente. Ma oltre a questo viene fornito un pezzetto di carta vetrata per limare un po' i punti che altrimenti sarebbero troppo grossi per incastrarsi bene. Vi è quindi anche la concreta possibilità di rovinare qualcosa se non si è accorti. Infine, mentre alcuni pezzi una volta incastrati restano saldamente uniti, spesso è necessario mettere una goccia di colla per far si che la costruzione acquisti solidità. Nonostante questo non è difficile assemblare il tutto, anzi credo che fatta una minimo di esperienza il tutto possa diventare molto semplice anche per chi è negato nel bricolage.
Alla fine quello che ho ottenuto è un oggetto semplice ma carino. Il materiale, al netto di tutto, mi piace, dà una bella sensazione al tocco e si presta anche ad essere liberamente colorato. 
Un bel regalo che mi ha divertito e impegnato per un paio d'ore.


mercoledì 18 dicembre 2019

4195: La flotta si allarga



Set 4195 - anno 2011 (pezzi 1055)


Dopo averti dato un mio parere sul set della Perla Nera, passo ora ad un'altra nave sempre della stessa serie "I Pirati dei Caraibi": la "Queen Anne's Revenge", che è nel complesso un po' più grossa e ricca, soprattutto a poppa, rispetto alla Perla Nera. Rimane equivalente la dimensione della chiglia, il numero di alberi e la superficie delle vele, che però sono bordò e presentano anche un disegno molto carino che arricchisce notevolmente il modello, nobilitandolo (non che le vele nere della perla fossero brutte, tutt'altro!).



Come dicevo è a poppa che la nave è più complessa, con la cabina del capitano molto più ampia, soprattutto in altezza. La linea generale della nave è splendida, e questa cabina a torretta così ricca di particolari, finestre, addobbi e tendaggi sembra davvero la controparte reale. E' presente persino un timone (che può essere piegato) sotto la chiglia. Completano il quadro il solito assortimento di omettini tra cui tutti i protagonisti del, credo, terzo film, quello con Penelope Cruz (non amo questa serie di film, li trovo troppo lunghi, soporiferi e con trame poco interessanti.... limite mio).
In definitiva la nave è stupenda, più ricca e bella della Perla Nera, che però continuo a preferire con il suo colore scuro e minaccioso. Esposte assieme fanno un gran figurone!

Valutazione 9/10

Prezzo nuovo eur 450 circa

martedì 17 dicembre 2019

Il mio primo trenino simulato



Sid Meier's Railroad Tycoon - 1990 - Versione Amiga


Rigiocare in questo periodo a Railroad Tycoon è un vero e proprio tuffo nel passato, in quanto fu uno dei miei giochi "di Natale" nell'ormai lontanissimo 1990. Sono quindi un po' in fase "nostalgica" mentre mi accingo a scrivere queste righe, ma non per questo sarò diverso dal solito nel formulare un mio giudizio, in quanto io sono SEMPRE soggettivo, indipendentemente dal fatto che il gioco mi ricordi momenti felici o meno.



Penso che RailRoad Tycoon possa tranquillamente essere considerato il padre di tutto un filone di giochi strategico/simulativi che seguiranno dopo di lui, tra cui è impossibile non citare Civilization, sempre opera di Sid Meier, da cui riprende quasi tutto (tranne l'impianto in tempo reale: in Railroad Taycoon si può cambiare la velocità con cui il gioco procede, fino a fermarla completamente, in Civilization invece si gioca a turni). Anche se meno sofisticato rispetto a quanto venuto dopo, il gioco racchiudva già parecchi elementi che lo rendevano molto divertente e in alcuni casi una vera droga.



Se oggi potrebbe sembrare un gestionale banale con una realizzazione tecnica un po' così, la cui lentezza tradisce l'utilizzo di strumenti di programmazione molto lontani dal metallo dell'Amiga, quando uscì era invece qualcosa di fresco, nuovo ed estremamente interessante.



L'appeal della mappa (venivano forniti tre o quattro scenari differenti), che da deserta col passare degli anni si andava lentamente popolando di villaggi, fabbriche e ferrovie, era qualcosa di magnetico che ti poteva spingere a restare ore cercando di emergere nella competizione contro il computer, mettendo in essere un impianto distributivo delle merci e dei passeggeri il più efficace possibile, e che si rinnovasse ogni volta che un nuovo tipo di motrice veniva introdotta sul mercato.



Le prime partite, ricordo, erano un bagno di sangue: i costi non riuscivano ad essere abbattuti dai guadagni, ogni volta che posavo un tratto di binari sbagliavo qualcosa e non si poteva cancellare l'errore e riposarli: erano soldi persi! Poi con la pazienza e l'esperienza ho imparato a ridurre al minimo i costi inutili, programmando le stazioni con le giuste caratteristiche e, soprattutto, ideando combinazioni di carrozze per i treni che fossero le più produttive possibile.


Tutte queste strategie iniziavano a dare i loro frutti, ma mi scontravo sempre col problema delle banche, dei prestiti e dei titoli azionari, che spesso mandavano a bagno tutti gli sforzi profusi nell'architettare una rete ferroviaria perfetta. Quando poi qualcuno mi ha spiegato le logiche sottese alla gestione dei prestiti e delle azioni, ho iniziato anche sotto questo aspetto ad averla vinta, riuscendo spesso a stracciare la concorrenza.



Non ho mai giocato però a livelli superdifficili, semplicemente perché non aveva senso, secondo me. Il bello di Railroad Tycoon non è tanto fare più soldi degli altri (benché la campanellina che suona ad ogni incasso fosse un suono celestiale alla mie orecchie), ma era nel **giocare coi treni**: il gioco mi metteva a disposizione un enorme plastico rappresentante, per esempio l'Europa, e potevo connettere Genova con Parigi, o Varsavia con Bari. Una vera libidine.



Ho sempre notato i limiti tecnici del gioco, e spesso mi facevano arrabbiare, per la lentezza con cui le animazioni, o anche il semplice comporsi delle tabelle, venivano mostrate su schermo. Ma sono sempre andato oltre. Oggi forse non c'è più un vero motivo per giocare a questo gioco, che dimostra tutti i suoi anni, ma Railroad Tycoon resterà per sempre una pietra miliare nei giochi per computer, non solo per le idee che ha osato mettere in campo, ma anche per il divertimento che ci procurò in quel lontano (Natale del) 1990.


lunedì 16 dicembre 2019

Il fantastico universo di Elite



Elite - 1988 - Versione Amiga


Nel 1984, quando uscì per i primi computer a 8 bit (tra cui il Commodore64), Elite fu un successone perché rappresentava qualcosa di unico e, in un certo senso, incarnava uno dei più grandi desideri di milioni di nerd dell'epoca, appassionati di Guerre Stellari, Star Trek e similia. Cioè ti consentiva di pilotare un'astronave in solitario tra le stelle, con un approccio totalmente simulativo, sia nella guida che nella gestione delle risorse, un impianto molto efficace che ti faceva davvero sentire lì, seduto al comando di una carretta capace di saltare da un sistema stellare all'altro, all'interno di una vera galassia con migliaia di stelle e pianeti.



Ebbi da subito la possibilità di giocare a questa sua prima incarnazione, che ricordo che sul mio C64 sfoggiava una grafica monocromatica e in "wire-frame", cioè un tipo di rappresentazione grafica dove i solidi con cui le astronavi e gli altri oggetti su schermo erano disegnati in realtà avevano solo i contorni, tracciati con delle semplici linee e senza alcuna superficie, visivamente erano quindi tutti oggetti trasparenti. Questa sua impostazione grafica mi ha sempre indisposto e non sono mai riuscito ad andare oltre al semplice pensiero del "sarebbe figo ma...".



Il Barabba tredicenne non riusciva ad amare uno spazio così astratto e continuò a preferire altri giochi dalla grafica più definita e disegnata a mano. Ho aspettato quindi circa 4 anni prima di potermi imbarcare sulla mia astronavina e iniziare ad esplorare questo strano universo, ed è successo quando mi è arrivato Elite in versione Amiga!



La grafica su questo computer era effettivamente fatta con solidi pieni e colorati, e questo cambiava enormemente le cose. Ma oltre a questo tutta la grafica del gioco era molto più accattivante, ad iniziare dai menù delle merci, che da semplici liste con parole e numeri si erano trasformate in tante schermate ricche di icone colorate. Amai subito anche il cruscotto della navicella, ricco di colori e dettagli, con il suo radar 3d in bella mostra.



Le battaglie spaziali contro le navi nemiche erano bellissime da vedere, per quanto difficili da gestire, almeno all'inzio. Ricordo che potevo giocare sia col mouse che con il Joistik, ed effettivamente spostavo la mano da l'uno all'altro a seconda delle necessità: muovere una navetta sui tre assi, dopo anni ed anni di pensiero in 2d, all'inizio poteva sembrare una missione imporoba, ma dopo un po' di tempo divenni un maestro e blastavo navicelle ovunque.



La grafica si muoveva in modo abbastanza fluido, e all'epoca sembrava fantastica. Oggi, giocando Elite con un emulatore, ci si rende conto che non è così tanto invecchiata male, tutto sommato, pur essendo visibilmente molto essenziale. Settando l'emulatore al massimo, tra l'altro, il gioco diventa così fluido da essere spettacolare!



Completa il quadro l'aspetto sonoro, che non era nulla di eccezionale ma funzionava alla grande e, soprattutto, era impreziosito da uno spettacolare "Danubio Blu", eseguito totalmente con suoni sintetici, ma veramente veramente bello!
Mi appassionai infine ad Elite? No. Dopo poche ore di gioco, comprata una o due astronavi un po' migliori di quelle di partenza, mi annoiai in fretta di tutte quelle battaglie sempre uguali e senza alcun vero scopo, e anche fare denaro commerciando da un sistema all'altro divenne presto di una noia mortale. In Elite, alla fine, l'unico vero scopo era quello di guadagnare il grado, per l'appunto, di Elite, cosa raggiungibile solo dopo, tipo, duemila uccisioni. Ci sono arrivato, e fine: l'ho riposto e sono passato ad altro. Mi serviva ben altro per sopire quel desiderio di spazio profondo.

mercoledì 11 dicembre 2019

8682: L'auto del vero tamarro



Set 8682 - anno 2006 (pezzi 724)


Questo set sembra molto più bello di quello che in realtà è. Innanzitutto l'intero set è costituito di parti technic al 100%, quindi perni, tubulari e stecchette a volontà, MA non è strettamente un modello della seri techinc, e infatti di meccanismi o altre parti meccaniche ha ben poco.



E' vero che si possono sterzare le ruote, ma il volante, ad esempio, non gira. E' vero che ha il motore, ma è un grosso pezzo di plastica precostituito. E' vero anche che si aprono il cofano e lo sportello posteriore (che racchiude uno schermo tv, una specie di console di videogiochi e un impianto di casse da vero truzzo), ma è anche vero che invece NON si aprono le portiere né il tettuccio.



Mi sono divertito a costruirlo e il look del modello (la classica auto da merdosissima gang sudamericana, bah!) è più che discreto, ma alla fine l'oggetto è "vuoto" e leggerissimo... insomma c'è più fumo che arrosto. Non so cosa non vada effettivamente in questo pickup, ma proprio non mi convince, avrebbero potuto davvero fare di più.

Valutazione 5/10

Prezzo nuovo eur 140


venerdì 6 dicembre 2019

7658: Usiamo la forza




Set 7658 – anno 2007 (pezzi 454)


Questo è il classico set che dalla scatola non trasmette molto appeal, ma che una volta montato si rivela molto migliore di quanto ci si poteva aspettare. Se è vero che il modello è piuttosto piatto (in tutti i sensi) e che non sembra avere nulla di particolarmente accattivante, in realtà una volta costruito si rivela piuttosto grosso e soprattutto solido.



E’ insomma un ottimo giocattolo fornito anche di un paio di accorgimenti, ancorché rudimentali, che ne fanno qualcosa di più di un semplice soprammobile. Infatti ha uno scomparto interno dove riporre due bombe (che sembrano mele verdi) che possono essere scaricate tirando una levetta, che però non fa altro che allargare la fessura da cui cadranno.



Vi sono inoltre due siluri posti all’interno delle ali che possono essere “lanciati” semplicemente facendo una veloce pressione con le dita (nulla di meccanico, insomma). E sia i missili che le bombe di conseguenza tendono a cadere se si fanno fare molte evoluzioni alla navetta. Certo sono espedienti semplici e implementati un po’ in modo facile, ma arricchiscono un set che comunque non può competere, per look e architettura, con altre astronavi di Star Wars, e che non è un granché (a mio parere) nemmeno a confronto con quelle della linea Spazio.



Completano l’offerta una torretta volante posa appena dietro l’abitacolo, e l’abitacolo stesso che può essere aperto e chiuso per alloggiare l’omettino. Purtroppo lo sportello tende a staccarsi, piuttosto che aprirsi, e questo è forse l’unico punto debole di un set, lo ripeto, molto solido. Oltre al pilota abbiamo anche un robottino da alloggiare all’esterno, subito dietro alla torretta, invero un po’ semplice e ingessato, ma tutto sommato carino. Certo, potevano sprecarsi e mettere almeno un altro omettino… ma va bene così.



Le cose che invece secondo me mancano colpevolmente sono i piedini di appoggio, presenti anche nelle più minuscole astronavi della serie Spazio: praticamente il nostro Y-Wing sta appoggiato sulla pancia!
In definitiva siamo davanti ad un buon set, di dimensioni importanti, che se si trova usato a poco vale la pena di possedere, e pur non essendo a mio parere un oggetto dall’aspetto accattivante, è comunque una riproduzione piuttosto fedele del “vero” Y-Wing.

Valutazione 7,5/10

Prezzo nuovo eur 90 circa