mercoledì 28 agosto 2019

Puzzle Quest, se ti prende non lo molli più



Puzzle Quest: Challenge of the Warlords - 2007 - Nintendo DS


Ho ricaricato questo gioco su tablet per giocarlo sotto emulazione, così per prova, e praticamente sono 7 giorni che non gioco ad altro. Esattamente come una dozzina di anni fa, se inizio a giocare a questo strano ibrido tra Bejeweled e un gioco di ruolo classico, non me ne riesco più a staccare, e le ore volano via che è un piacere!



Questo gioco riesce a dare un senso alle meccaniche del già citato Bejeweled, fondamentale inscenando delle vere battaglie, molto tattiche, contro svariate creature ostili, con lo scopo di sconfiggerle per terminare missioni (quest), aprire passaggi, espugnare città o costruire artefatti, passando anche livelli bonus finalizzati alla cattura di mostri e l'imparare incantesimi.



Tutto questo attraverso la solita struttura dei tre o più tasselli colorati da abbinare tra loro, pur se con qualche variazione sul tema in alcuni casi. Nel gioco si inizia quindi vagando per una mappa, che mano a mano si arricchisce di nuove zone, e si raccolgono missioni o altri compiti che ci consentiranno di combattere. 



Le battaglie si risolvono combinando i colori (per raccogliere mana), i teschi (per danneggiare il nemico) o i soldi e i punti esperienza, che comunque arrivano anche sconfiggendo i nemici. Col mana si possono usare incantesimi o abilità in grado, ad esempio, di danneggiare direttamente gli avversari, acquisire turni bonus, o di cambiare le tessere in gioco.



Come in tutti i giochi di ruolo che si rispettino, il nostro eroe può essere scelto tra diverse classi (con un set di abilità diverse), capace di salire di livello e quindi di potenziarsi mano a mano che si procede con il gioco. Questo meccanismo, unito al fatto che Puzzle Quest ci sommerge di cose da fare, crea vera dipendenza!



Il gioco è eccellente, ma ha il grande difetto che bara in modo spudorato. I nemici molto forti, in particolare, sono forti non solo perché dotati di tanti punti vita o perché a conoscenza di incantesimi devastanti: sono forti perché il gioco dà loro supporto facendo cadere pezzi favorevoli praticamente sempre, mentre noi il più delle volte arranchiamo per restare a galla.



Nonostante la continua evidente ingiusta sequenza di eventi favorevoli al computer, Puzzle Quest non è un gioco difficile, e la vittoria è quasi sempre alla tua portata al più in un paio di tentativi. È però molto fastidioso questo comportamento truffaldino, atto a mascherare un'intelligenza artificiale solo discreta e incapace ad essesse a livello umano. 



In ogni caso Puzzle Quest resta un grande gioco, molto migliore di tutti quei pay-per-win alla Candy Crash che infestano i cellulari. 
Assolutamente da provare.


domenica 18 agosto 2019

...e infine Dark Souls 3



Dark Souls 3 - 2016 - versione Ps4


Alla fine ho concluso la trilogia dei Souls rigiocando al terzo episodio, benché privo dei DLC.
Cosa dire? Questo terzo capitolo è molto più simile al primo, in alcuni punti lo cita apertamente, anche se come struttura del mondo di gioco ricalca maggiormente Dark Souls 2. Di sicuro il nostro alter ego riacquista in scioltezza dal primo episodio una maggior agilità: dimenticati quindi della legnosa responsività vista nel capitolo precedente, così come ti devi aspettare una maggior cura nelle animazioni, e pure i set di mosse legati alle diverse armi sono aumentati sensibilmente. 



Ma è la grafica in particolare a fare enormi passi in avanti, con un sistema di illuminazione pazzesco, nemici e ambientazioni piene di particolari e detriti, e panorami dalla bellezza accecante. La direzione artistica è quasi sempre eccellente, anche se a volte si vede qualcosa di un po' troppo simile a quanto già apprezzato in un altro gioco degli stessi autori, quel Bloodborne di cui un giorno ti parlerò. 


Di certo giocarsi tre Souls di seguito non è un'esperienza leggera, mi perdonerai quindi se ho avvisato una certa stanchezza verso la fine del gioco, stanchezza che mi ha portato a voler archiviare gli ultimi boss il più in fretta possibile. Ed è un peccato perché le battaglie contro i boss sono tutte magnifiche, anche se, a mio parere, mediamente più facili di quelle affrontate in Dark Souls 2.



Probabilmente sono diventato più bravo io dopo aver affrontato il terzo gioco simile di fila, ma ho trovato non solo i boss ma anche tutta l'esplorazione e i mob in generale abbastanza facili. È praticamente impossibile perdersi o trovarsi bloccati in qualche passaggio.



Anche per quei boss che per attitudine personale, o per la built del proprio personaggio, ti sembrano impossibili, è ancora facilmente possibile trovare un aiuto cooperativo da qualche giocatore di esperienza, felice di schiacciare il boss fellone in tua compagnia.



Non ho comparto i DLC per stanchezza, ma così com'è il gioco non è lunghissimo, forse è il più corto dei tre. Forse è un bene che sia così, come forse è un bene che questo Dark Souls 3 concluda per sempre la serie, una serie che probabilmente ha detto veramente tutto quello che c'era da dire.



In definitiva Dark Souls 3 resta un gioco eccezionale, molto più accessibile dei primi due episodi, ma purtroppo anche un po' meno affascinante, vuoi per l'inevitabile riproposizione di situazioni, ambientazioni e soluzioni ludiche già viste, vuoi anche per l'insuperabile e difficilmente spiegabile magia del capostipite della saga, che resta unica e irraggiungibile.


martedì 13 agosto 2019

21302 Sheldon Cooper di Lego



Set 21302 - anno 2015 (pezzi 456)


Questo set nasce palesemente come pezzo da collezione, essendo una riproduzione, abbastanza fedele, del set principale della celebre serie televisiva The Big Bang Theory. Dal punto di vista dell'utilizzo come giocattolo infatti non è molto versatile, a meno che non si vogliano improvvisare gag in stile televisivo. Sono presenti tutti i 7 personaggi principali della serie e molti oggettini tipici del salotto di Leonard, ma null'altro... un po' poco per creare qualcosa di un po' complesso, ma sufficiente per ricreare qualche battuta famosa.



Come oggetto da esposizione invece se la cava bene anche se: 1) la stanza è un po' troppo piccola, sarebbe bastato un 15% di dimensioni in più per evitare, ad esempio, che ci fossero oggetti che non stanno interamente dentro il perimetro della base (ad esempio la lavagnetta), o per consentire per lo meno a tutti gli omettini di non stare così ammassati tra di loro, e 2) non è che gli stessi omettini siano caratterizzati così bene da essere immediatamente riconoscibili. Presi in gruppo non ci sono dubbi su come abbinare ogni ometto al proprio personaggio, ma in generale prendendo un omettino singolarmente, senza sapere che viene dalla serie The Big Bang Theory, non è così semplice da riconoscere come QUEL personaggio proveniente da QUELLA serie. Da questo punto di vista la Lego ha saputo fare molto meglio in passato.



Che cosa penso quindi di questo set? Che non vale assolutamente il costo a meno che non lo vogliate esporlo in bacheca ad ogni costo, e a questo punto magari va bene anche usato.
Oltre al set possiedo anche la bacheca dove esporre gli omettini. Non credo sia un accessorio ufficiale Lego, ma è molto carino.

Valutazione 7/10

Prezzo nuovo eur 130


domenica 11 agosto 2019

Fire Emblem su Game Boy Advance



Fire Emblem - 2004 - Versione GBA


Un mio amico si compro il Game Boy Advance apposta, nel 2004, per giocare a questo Fire Emblem, che credo sia il primo titolo della seie mai uscito in Italia. Mi ci lasciò giocare per tutto un pomeriggio (di agosto) ma, devo dirtelo, l'esperienza non mi esaltò particolarmente.
Pur adorando i giochi strategici, soprattutto quelli  di matrice nipponica, questo pomeriggio di gioco non mi aveva convinto in alcun modo. 



Rigiocandoci oggi provo le stesse sensazioni, e non sono proprio positive. Premesso che la serie Fire Emblem conta di numerosissimi episodi, tutti di grandissimo successo, e che quindi io non capisco nulla e le mie critiche sono sicuramente ingenerose e confutabili, questo gioco è,  in una parola, noioso. I siparietti sono noiosi e i personaggi insulsi, roba che li vorresti morti tutti al più presto, le battaglie sono lente e rappresentate in modo che nemmeno sul Commodore 64 (benché la grafica non sia affatto male). Bruttissima la gestione degli oggetti,  che vanno comprati durante le battaglie, e per scambiarli tra i personaggi è una pena. 



Non è possibile fare "grinding" e addirittura se un'unità muore in battaglia te la perdi per tutta la campagna: di fatto, tutto questo, si risolve nel dover trovare la strategia giusta per poter andare avanti con la storia limitando i danni, piuttosto che nell'inventarsi un modo proprio di vivere il gioco, secondo le inclinazioni, i tempi e l'indole del giocatore. Questo secondo me è male. 



Una grafica e un sonoro di buona fattura non risollevano un comparto tecnico a mio parere appena sufficiente, e una giocabilità profondamente minata da scelte di design troppo semplicistiche ed involute, soprattutto per un gioco del 2004! Credimi, trovo davvero un'enorme difficoltà nel capire come possa aver convinto tutti, giocatori e critica, un titolo così banale. 



Ora forse ti sembro un po' troppo critico, e non escludo che qualcuno possa trovare il gioco divertente e/o appassionante.  Io lo trovo una rottura di scatole, e odio non poter gestire personaggi ed equipaggiamento con maggior libertà. Quindi in definitiva non ti consiglio di perdere tempo con questo Fire Emblem, ma di passare oltre.


venerdì 9 agosto 2019

Dark Souls 2, la saga continua



Dark Souls 2 Scholar of the First Sin - 2015 - Versione Playstation 4


Dark Souls 2 è un gioco immenso, lungo, pieno di cosa da fare, vedere e scoprire, capace di regalare ore e ore di divertimento e soddisfazioni. Eppure, se giocato dopo il primo capitolo, lascia un po' l'amaro in bocca, almeno in un primo momento. Ci sono mille motivi per cui questo accade, ma sono tutte cause dovute principalmente ai meriti del primo Dark Souls, piuttosto che ai demeriti propri di questo seguito.



Possiamo dire prima di tutto che il gioco è, fondamentalmente, un "more of the same", cioè non va ad aggiungere nulla di particolarmente diverso da quanto già visto e giocato nel primo titolo. Certo, ci sono tantissimi luoghi nuovi da esplorare, ambientazioni bellissime e nemici pazzeschi con cui scontrarsi. Ma il tutto è strutturato più come una serie di lunghi livelli a sé stanti piuttosto che come una località unica - spesso interconnessa - come si era visto almeno nella prima parte del primo Dark Souls. Proprio la mancanza di queste interconnessioni tra le varie zone della mappa ha tolto, per molti, uno degli aspetti più magici del primo gioco, anche se a ben vedere questa era una caratteristica presente solo nella prima parte di Dark Souls, e non è certamente un aspetto così fondamentale per gustarsi un titolo di questo spessore.



Un altro aspetto importante che ha concorso a dare a Dark Souls 2 una giudizio non troppo positivo è la rigidità dei movimenti del nostro omino, che in confronto al primo (e al terzo) capitolo sembra veramente "un legno". In realtà questa sensazione è dovuta in gran parte ad un parametro aggiuntivo nella scheda del personaggio, non presente nel primo capitolo, che rende, se vuoi impegnare dei punti per svilupparlo, i movimenti del personaggio sempre più agili e responsivi, partendo però all'inizio, per l'appunto, da una situazione non troppo felice che va senz'altro ad intaccare il divertimento. Si tratta quindi di una mera questione di game design, facilmente aggirabile anche in considerazione dell'oggettiva facilità con cui si può livellare in questo secondo capitolo della saga.


Come detto molta enfasi viene data, in questo gioco, al livellamento del personaggio. E' possibile tra l'altro modificare l'assegnazione dei punti (quasi) a piacimento anche a gioco avanzato, così da poter tentare tutte le tipologie di approccio possibili, basandosi per esempio su un personaggio agile, o uno molto forte, o ancora con un mago potente.
Come sempre non esiste una trama vera e propria, si deve solo cercare di accendere alcuni falò per poter infine accedere al boss finale. Ma mai come nella serie Dark Souls è stato tanto importante il "perché" si giochi. Quello che importa è il senso di meraviglia e di sfida che si riscontra ogni volta che si avanza un pochettino. E qui le sorprese e i boss non mancano. Il primo arriva però solo dopo non meno di un paio d'ore di gioco, e anche questo contribuisce un po' a non far decollare il divertimento subito.


Non appena si inizia ad inanellare boss e vittorie, però, il gioco si rivela splendido e ti rapisce finché non lo porti a termine. E portarlo a termine non sarà facile, perché Dark Souls 2 è decisamente più difficile del primo. Non tanto per una questione di boss, tutti più o meno gestibili, quando nell'insana, a volte, quantità di nemici da affrontare per arrivare ad affrontare questi boss. Se è vero che dopo massimo 12 volte che li elimini dalla loro area i nemici scompaiono per sempre, è anche vero che a volte è necessario fare questi "12 tour" per poi poter arrivare finalmente spediti e, soprattutto, a piena vita dai boss. Mi riferisco in particolar modo al secondo dei tre DLC (qui incorporati) che è veramente una mazzata sulle balle se si vogliono sconfiggere un paio di boss opzionali.
In definitiva Dark Souls 2 non arriva ai fasti del primo, ma resta un titolo bellissimo, poetico e crudele, affascinante e disturbante, cattivo e generoso. Assolutamente consigliabile.


mercoledì 7 agosto 2019

Grande tennis sull'Amiga



Great Courts 2 - 1991 - Versione Amiga


Great Courts 2, noto anche come Pro Tennis Tour 2, è stato un gioco su cui ho passato settimane nel 1991. Strano a dirsi, perché i giochi sportivi non hanno mai catturato il mio interesse se non per pochi giorni, quando non addirittura solo per poche ore. Eppure questo gioco di tennis mi rapì completamente, facendomi passare notti intere ad inanellare sconfitte, ma anche splendide vittorie, torneo dopo torneo.



Con Great Courts 2 pensavo di aver scoperto di amare il tennis al computer, ma mi sbagliavo: ho giocato ad altri titoli, negli anni successivi, alcuni dei quali molto belli e graficamente avanzati. Ma mai nessuno mi fece resistere davanti allo schermo per più di qualche ora: la noia - o più semplicemente la mancanza di un vero scopo - mi fecero sempre mollare abbastanza in fretta per dedicarmi a qualcosa di più avvincente. Eppure adesso ho ripreso in mano questo vecchio titolo per Amiga e, dopo almeno 25 anni che non lo toccavo più, di nuovo mi sono fatto rapire dal suo gameplay meraviglioso. e sto passando ore a scambiare colpi di diritto e volè contro la CPU. Difficile farti capire il perché di tutto questo, ma voglio comunque cercare di spiegartelo.
Innanzitutto graficamente è abbastanza essenziale: i tennisti sono animati bene ma la loro caratterizzazione non è il massimo (le gambe che sembrano arcuate, da fermi, mi ha sempre fatto un po' repulsione, tanto per citare un esempio). I campi sono fatti bene ma completamente statici, non ci sono movimenti dei raccattapalle e anche la rete sembra un muro immobile. Il tutto è comunque molto pulito e di facile lettura. Il sonoro è invece molto buono, con campionamenti cristallini e molto efficaci, perfetti per darti l'illusione di essere sul campo. Menzione d'onore per la musica dei menù, talmente "fuori posto" e standard-soundtracker nelle sonorità da lasciare interdetti in un primo momento, ma che ben presto diventa magnetica ed è una di quelle che non ti dimentichi mai più



Il punto forte del gioco è però nel suo sistema. Una volta creato un giocatore si può accedere al tour mondiale, che presenta un ricchissimo calendario di tornei, da quelli minori fino ai quattro del grande Slam. Nella fase di creazione si possono assegnare dei punti ai vari parametri del giocatore, per stabilire quali sono i suoi colpi migliori (per esempio io ho sempre optato per una condizione fisica eccellente, un ottimo destro, e un buon servizio, a discapito di smash e volley che non uso quasi mai). In questo modo, partita dopo partita, e colpo dopo colpo, questi fondamentali migliorano sempre più, in scala sulla quantità di punti assegnati. In altre parole, se nei primi tre tornei vengo umiliato perché lento e incapace di tenere la palla in campo, piano piano iniziano ad arrivare i punti spettacolari e il mio diritto inizia ad essere in grado di rispondere alle battute avversarie con molta precisione.
Naturalmente prima di poter combattere ad armi pari con i primi del tabellone mondiale serviranno molte partite, ma questa progressione, unita al fatto che anche il giocatore umano con joystick in mano inizia a capire quali sono i colpi più efficaci e come muovere il proprio giocatore, in modo da restare "coperto" o preparare un contrattacco micidiale, rendono le partite sempre più esaltanti e divertenti, con scambi a fondo campo spettacolari, corse a rete, o Ace imprendibili.


Quindi torneo dopo torneo si diventa sempre più forti (e ricchi, visti i premi in denaro elargiti in caso di vittorie), in un giro quasi alla gioco di ruolo che, personalmente, trovo irresistibile. La bellezza degli scambi, dovuti principalmente all'ottimo sistema di controllo, restituiscono sensazioni tennistiche davvero ottime. E' anche possibile allenarsi con una macchina sparapalle per arrivare in condizione più in fretta, ma è una vera menata, a dirla tutta.
Come avrai capito mi sono esaltato non poco con questo gioco, ancora oggi nel 2019. Great Courts 2  è assolutamente un must per chi vuole provare un bel gioco di tennis in pixel art. Divertente, appagante, magnetico.



sabato 3 agosto 2019

Il primo Phantasy Star




Phantasy Star - 1987 - Versione Sega Master System 

Mi è piaciuto molto giocare a questo Phantasy Star, perché pur essendo un titolo molto primitivo è pur sempre un gioco di ruolo, prodotto con un certo criterio e tanti buoni propositi. Il sistema di gioco ricorda un po' un incrocio tra i primi Ultima e The Bard's Tale, con incontri casuali che si risolvono dando ordini via menù ai vari membri del party.



Chiaramente è un gioco del 1987, quindi è normale che abbia delle caratteristiche cosi limitate, in linea per altro con quanto si vedeva in quegli anni, sempre in tema di giochi di ruolo, su Pc o su home computer. Si intravedono però già le basi di tanti meccanismi che poi prenderanno piede in questa tipologia di giochi e che bene o male ci portiamo dietro ancora adesso.



Ad esempio abbiamo una mappa del mondo (anzi dei mondi, visto che il gioco si svolge su tre diversi pianeti), che diventa esplorabile gradualmente solo con l'acquisto dei determinati mezzi di trasporto, o ancora possiamo citare un altro elemento tipico, cioè i cestini sparsi per i labirinti, così come anche il party composto da 4 individui che si vanno via via ad integrare al gruppo.



I labirinti sono in prima persona, e ricordano molto per l'aspetto Dungeon Master, pur dando una maggiore sensazione di movimento, rispetto a questo gioco, grazie as una sorta di fluida transizione da una cella all'altra, presente anche quando ci si volta. Ovviamente però non si può interagire con nulla, ed è altrettanto ovvio che sia necessario disegnarsi delle mappe per venirne a capo. 



La trama si dipana attraverso scarni dialoghi, ed è necessario molto spirito di esplorazione anche solo per capire dove andare. Questo è forse il punto più debole del gioco: una certa cripticità che costringe a vagare in mezzo ad ore di scontri casuali, necessari anche solo per livellare ed accumulare moneta. Peccato perché l'aspetto ludico è piacevole e la sfida è intrigante.



In definitiva un buon gioco di ruolo anni 80 in perfetto stile computer , ma sorprendentemente ben fruibile con il pad, che però risente eccessivamente della necessità di mappare e di fare un sacco di livellamento, sempre contro gli stessi mostri, e pertanto un prodotto non adatto ai giocatori moderni.