giovedì 29 giugno 2023

Ullisprick

 


Ullisprick - 1991 - Versione Amiga


Ogni tantissimo concedimi di fare un tuffo nel retrogaming con un gioco... fatto da me! Questa volta spenderò due parole per Ullisprick, un'avventura testuale demenziale che ho pubblicato come freeware nel 1991 per Amiga. Nel produrla mi ero chiaramente ispirato ai titoli della Magnetic Scroll, e infatti il sistema prevedeva una schermata nera con solo testo bianco sulla quale si potevano alzare ed abbassare, come se fossero delle tendine, alcune immagini statiche (di norma una ogni 3 o 4 ambienti di gioco); ho sempre pensato che questo fosse un ottimo modo per impostare la visualizzazione delle avventure testuali perché le immagini potevano essere così tenute nascoste o meno, ampliando l'aera testuale, con un semplice movimento del mouse.


Parlando delle immagini, alcune delle quali le puoi vedere a corredo di questo articolo, non posso dire che fossero eccezionali, ma facevano comunque il loro sporco lavoro, soprattutto se valuti che le ho disegnate a mano io personalmente e che non sono certamente un grafico! Le immagini in programmi come questi servono a dare un tocco d'atmosfera al gioco, e nel loro piccolo, secondo me, questi disegni ci riuscivano.


Ho anche inserito degli effetti sonori, quali il mitico "belin che bravo" qualora si fosse risolto un enigma, e vi sono anche un brano musicale di apertura e uno, davvero mitico, di chiusura. Conclude l'aspetto tecnico il parser, cioè l'interfaccia uomo/macchina, invero piuttosto arcaica nella gestione del lessico, ma capace di capire parecchie parole. Insomma, detta così Ullisprick sembrerebbe quasi un buon gioco, allo stesso livello dei titoli commerciali dell'epoca.



Purtroppo però il mio giochino ha parecchie criticità che lo rendono noioso da risolvere e quasi impossibile da terminare. La più gande: non c'è un comando Save. Il gioco è breve, lo si risolve in 10 minuti se sai cosa fare, ma la presenza di morti improvvise rende obbligatorio dover ricominciare il gioco diverse volte (se non si ha la soluzione in mano, ovviamente). E per ricominciare.... bisogna resettare l'Amiga e attendere che il gioco carichi... insomma una pena che ti porta via anche 3 minuti, oltre al fatto che devi rigiocare tutto fino al punto della morte! Grazie a Dio tutto questo è solo un lontano ricordo grazie agli emulatori e la possibilità di salvare lo stato del gioco in qualunque momento, ma nel 1991 questo era un grandissimo difetto.


Altri problemi non meno importanti sono fondamentalmente alcuni errori grammaticali tra cui uno importantissimo su un oggetto chiave, uno stalattitone, indicato come stalattittone, Ovviamente se l'utente scrive il termine nel modo sbagliato non riesce a progredire! Inoltre, come detto, il gioco è breve e presenta pochi enigmi, alcuni davvero difficili e che richiedono un po' di tentativi per azzeccare la mossa giusta... non proprio il massimo, me ne rendo conto. Infine il gioco ha anche un momento abbastanza volgare (vedi foto qui sopra) per cui non va nemmeno lasciato a portata dei bambini :-)



Tuttavia amo Ullisprick, ricordo quando mi ci sia divertito a produrlo e quanto rimasi frustrato nell'aver terminato la memoria a disposizione (ecco perché il gioco è breve e non si può salvare). Se vuoi provarlo dovresti facilmente trovarlo sui siti di rom (su archive.org ad esempio) ma soprattutto appena compare lo schermo dei titoli SALVA LO STATO in modo da non dover ricaricare tutto se muori e... chiedi a me se non riesci a progredire!




martedì 27 giugno 2023

Jewel Quest Expeditions

 


Jewel Quest Expeditions - 2008 - Versione Nintendo DS   


Concludo il trittico dei giochi alla "Bejeweled" su Nintendo Ds con la conversione fatta per la piccola console pieghevole del noto Jewel Quest, un gioco tecnicamente ben fatto pur senza presentare vette o spettacolarità degne di nota. In realtà questo titolo ha diversi di punti di forza. Le musiche, per iniziare, sono davvero meravigliose. Non solo non sono fastidiose ma sono proprio belle, suonano in modo pulito e fanno venir persino voglia di giocare.



Ma al di là della colonna sonora l'aspetto forte di questo gioco è proprio nel come si gioca. Chiaro, il sistema di gioco è esattamente come quello degli altri titoli dello stesso filone, ma ci sono quelle minime differenze che ne fanno probabilmente il gioco più divertente del lotto. Una su tutte la possibilità, raccogliendo 3 monetine, di incamerare delle bombe che distruggono una casella a piacimento, per cui durante la partita si possono "farmare" queste mosse speciali ed accumularle in modo da averne a disposizione parecchie per quando il tempo sta per finire e non si riesce proprio a terminare lo schema ricorrendo alle normali combinazioni. Questa semplice meccanica, credimi, è tanto banale quanto geniale.



Aggiungi il fatto che Jewel Quest è un gioco lunghissimo, con circa 200 schemi diversi da affrontare (in media ci vogliono 5 minuti a schema, sempre che non lo si debba ripetere) per cui, se ti appassiona, avrai di che divertirti. Malgrado tutto però anche questo gioco dopo un po' può annoiare, ma io mi sento anche in questo caso di consigliarti di provare il gioco e di trarre le tue conclusioni.



lunedì 26 giugno 2023

7 Wonders of the Ancient World

 


7 Wonders of the Ancient World - 2007 - Versione Nintendo Ds

Avendo parlato di Jewel Master oggi voglio accennare ad un altro gioco simile, sempre per Nintendo Ds, in cui allo stesso modo si va avanti a combinare gemme schermo dopo schermo, in pieno stile Bejeweled. In realtà potrei parlare di altri 5 o 6 giochi simili, perché all'epoca mi era presa la scimmia per questa tipologia di gioco, ma non c'è molto di particolare da dire sugli altri titoli simili. Questo 7 Wonders invece ha qualcosa di un po' diverso che me l'ha fatto apprezzare un po' di più.



Per iniziare 7 Wonders è quello tecnicamente migliore del lotto: l'azione è fluida mentre la grafica è molto colorata e ricca di animazioni simpatiche. A volte è un po' difficile leggere il quadro, nel senso che i pezzettini sono molto piccoli e simili tra loro per cui le combinazioni non sono così evidenti, ma è un difetto minore. C'è poi il mitico "momento bestemmia" che è quando gli omini costruttori iniziano a produrre un pittoresco "vociare" tra loro, che sembra davvero che si stiano insultando in arabo, e che scatta all'improvviso senza un apparente motivo. Questa cosa mi fa morire dal ridere ogni volta! Per il resto le musiche sono carine e abbastanza in stile "Amiga".



Il gioco è decisamente facile per i primi livelli, poi diventa a volte difficile quando non si riesce a portare sul fondo alcuni pezzi speciali che devono essere eliminati dallo schema. Tuttavia non è mai davvero frustrante e anzi richiede a volte un po' di pianificazione. Insomma 7 Wonders è un gioco tutto sommato mediocre ma realizzato bene e pieno di trovate buffe che fanno sì che meriti la tua considerazione (se ami questo tipo di giochi) ed è perfetto per una partita su cellulare.



domenica 25 giugno 2023

Space Taxi

 


Space Taxi - 1984 - Versione Commodore 64


Space Taxi è un gioco che lascia perplessi per l'aspetto grafico, davvero elementare, dove i livelli sono disegnati con caratteri grafici solo parzialmente ridefiniti (cioè, per la maggior parte degli elementi grafici il programmatore ha impiegato caratteri Pet-ascii standard) che danno al tutto un feeling da gioco di serie B. Ma d'altra parte presenta anche delle chicche tecniche di tutto rispetto, come la voce sintetizzata dei "clienti" del nostro taxi che ci chiedono di portarli sulle varie piattaforme e ci ringraziano quando li scarichiamo. Ed è una cosa abbastanza impressionante per un gioco di inizi '84.



La giocabilità poi è ottima: praticamente Space Taxi è una specie di Lunar Landar diviso in tanti livelli di difficoltà crescente (per la presenza di ostacoli, anche mobili, piattaforme che cambiano dimensione, barriere da aprire e chiudere e cose di questo tipo... ad un certo punto c'è persino un buco nero!) in cui si deve atterrare laddove via sia un cliente che poi ci chiederà di portarci (e quindi atterrare) su un'altra piattaforma. Proprio come in una versione spaziale di Crazy Taxi.



Più si farà in fretta e più soldi otterremo. E i soldi ci servono anche per fare carburante, per cui si deve cercare di sprecarne il meno possibile e di fare le consegne il più in fretta possibile. La fisica del gioco riprendere come detto quella di Lunar Lander, con inerzie e una crescente forza di gravità contro cui combattere in ogni istante. Ma i comandi sono così ben calibrati che presto giocare diventa un piacere,  non un incubo come accadeva nel già citato arcade.



In definitiva Space Taxi è un gioco splendido che, almeno nella mia cerchia, non fu così amato e diffuso, secondo me proprio per l'aspetto grafico sottotono. Assolutamente consigliato (magari con vite infinite, vista la difficoltà intrinseca dei comandi e l'impossibilità di salvare) perché fresco, divertente e sotto certi aspetti ancora oggi sorprendente.



giovedì 22 giugno 2023

Escape from the Mindmaster



Escape from the Mindmaster - 1982 - Versione Atari 2600


Nell'epoca Atari Vcs c'erano giochi mezza generazione più avanti rispetto agli altri, sto alludendo ai (purtroppo pochi) titoli sviluppati per il Supercharger della Starpath, un cartuccione che consentiva di avere una RAM estesa (circa 6 kbyte) e i cui titoli venivano caricati da nastro, come accadeva con i più potenti home computer. Questi giochi quindi avevano una marcia in più, pur dovendo sottostare alle stringenti limitazioni tecniche della console. Ho già avuto modo in precedenza di parlare di quello che probabilmente è il titolo migliore del lotto, "Survival Island", e di qualche altro titolo minore, e quindi non potevo certo esimermi dal recensire questo Escape from the Mindmaster, uno dei migliori giochi mai visti sul buon VCS.


Il gioco in sé è molto semplice: bisogna prelevare degli oggetti sparsi casualmente in un labirinto per posizionarli altrove. Si muore se non lo si fa entro il tempo limite, se si viene catturati da un mostrino (che a 12 anni avevo soprannominato "il tanghero") o se si va a sbattere contro i raggi che di tanto in tanto attraversano le pareti. Il gioco in sè è quindi piuttosto facile da capire e anche da eseguire, benché ad ogni livello diventi sempre più difficile anche solo capire dove vadano posizionati gli oggetti (dipende dalla forma, che diventa sempre meno elementare). Il tutto rappresenta comunque una bella sfida, capace di dare tante soddisfazioni quando si arriva alla fine di uno dei suoi 6 livelli. Vi sono inoltre dei piccoli sottogiochi che ci permettono di alzare il punteggio: nulla di sofisticato, ma sono un buon diversivo.


Quello che spacca in questo gioco è però la realizzazione tecnica. Il gioco ti mette in prima persona con una visuale alla dungeon master che ancora oggi impressione per quanto sia colorata e fatta bene. Credimi, sembra impossibile che questo gioco stia girando sul vetusto Atari 2600, ed è la dimostrazione della grandezza del suo sviluppatore, quel Dennis Caswell che ci portò poi quel capolavoro di Impossibile Mission su Commodore 64. Il gioco è davvero bellissimo da vedere e giocare, e anche se i labirinti sono pochi e molto simili tra loro l'atmosfera che regala questo gioco è davvero fantastica. Per non parlare dell'angoscia che suscita il suono i sottofondo che si fa sempre più acuto mano a mano che il tanghero si avvicina.



Oggi probabilmente non ha molto senso cimentarsi con questo titolo, ma per l'epoca era davvero qualcosa di originale e mai visto su una console. Devo riconoscere però che anche oggi, rigiocandoci, lo trovo abbastanza avvince, per cui non posso che consigliarti comunque di provarlo.



lunedì 19 giugno 2023

Jewel Master: Cradle of Egypt 2



Jewel Master: Cradle of Egypt 2 - 2012 - Versione Nintendo DS 


Tra tutte le montagne di giochi alle Bejeweled uscite per NDS a cui ho giocato in tutti questi anni, se ne salvano solo una manciata, in un grosso mare di mediocrità. Tra questi pochi titoli vorrei citare questo episodio di Jewel Master, che ha di buono principalmente il fatto che non richiede troppo impegno e che tutto sommato diverte senza diventare mai frustrante. Insomma non richiede grandi strategie e si finisce quasi da solo, anche se alle volte presenta situazioni piuttosto difficoltose da risolvere capaci di tenere alto l'apprezzamento.


Ha le sue criticità, livelli nei quali entri in un loop di ore e che poi non riesci a risolvere, momenti di tedio, meccaniche tutto sommato semplicistiche eccetera eccetera, ma ha comunque una buona atmosfera dalla sua parte, e riesce a trasmettere anche un certo grado di progressione grazie allo sblocco di nuove capacità e nuovi oggetti da raccogliere.


Diciamo anche che il fatto che si giochi su una console touch come il piccolo Nintendo ne amplifica parecchio il valore, altrimenti questo Cradle of Egypt 2 sarebbe da considerare per quello che effettivamente è: un gioco mediocre. In ogni caso ho passato diverse ore su questo giochino, per cui se ti piace il genere mi sento di consigliartelo.



giovedì 15 giugno 2023

3182: Aeroporto



Set 3182 - anno 2010 (pezzi 683)


Questo set, che arriva con una scatola enorme, ha un vero grosso problema, e cioè che l'aereo è composto anche in questo caso da alcuni grossi pezzi prefabbricati. Le ali sono addirittura un unico enorme pezzo di plastica largo 50 cm, così come dei grossi pezzi sagomati compongono la gran parte della restante fusoliera. Io credo, come ho avuto modo di dire già in passato, che il bello del Lego sia anche nel creare forme complesse partendo da "atomi" neutri, cosa che in questo caso non accade affatto. L'aereo a ben vedere non è brutto, essendo curato e arricchito con molti particolari (lo sportello, tra tutte le cose, è molto carino), ma questa cosa che le ali, la coda e il muso siano pezzi precostituiti, in stile Playmobil, toglie sicuramente 2 punti buoni al voto finale. Probabilmente i progettisti avranno valutato che in caso contrario il modello si sarebbe sfaldato con facilità, ma ciò non toglie che si poteva fare di più. Il resto del set è molto carino, sotto certi aspetti mi ha ricordato i migliori lego spazio, ma anche in questo caso avrebbero forse potuto arricchire un po' di più sia la torre di controllo che la stazione. In particolare avrei apprezzato due basi a fare da pista sia per metterci sopra l'aereo che la macchinetta con la scala.

Al netto di tutto non è un brutto set, ma consiglio l'acquisto solo se lo si trova ad un prezzo conveniente.


Valutazione 7/10

Prezzo nuovo eur 220

mercoledì 14 giugno 2023

Grand Prix

 


Grand Prix - 1982 - Versione Atari 2600

Ci sono autori verso cui ti senti grato: possono essere cantanti, registi, musicisti o anche attori, sono quelle persone verso le quali senti un debito personale per quanto ti hanno trasmesso, per le sensazioni e le emozioni che ti hanno regalato. Tra questi soggetti possono esserci anche degli autori di videogame (programmatori, designer ecc) e nel mio caso c'è David Crane, un personaggio che ha segnato l'industria dei videogiochi nei primi anni 80 e che personalmente metto nell'olimpo dei grandi autori del '900. Per questo motivo ho voluto provare uno dei suoi giochi meno noti e che all'epoca non ebbi modo di giocare: Grand Prix.



Il concetto su cui si basa questo gioco è esattamente lo stesso di un vecchio giochino elettomeccanico che avevo da bambino (vedilo qui: Video ), nel quale si doveva semplicemente schivare, con la proprio automobilina, quelle che ci vengono incontro (nel gioco sono intese come quelle che essendo più lente stiamo effettivamente superando), tuttalpiù rallentando la corsa in presenza di qualche agglomerato di auto che fa da "tappo". Il gioco è tutto qui: evitare i contatti (che ci rallentano) per arrivare in fondo a uno dei 4 percorsi il più velocemente possibile. Anche se il gioco era realizzato benissimo io all'epoca non avrei mai speso gli 80 euro di oggi per comprarmi un titolo con uno spessore così sottile, ho sempre cercato qualcosa di leggermente più vario e imprevedibile. Tuttavia oggi mi sono divertito giocandoci, quindi al di là del costo assurdo del 1982, questo è un buono gioco, fatto bene, divertente e anche abbastanza impegnativo se si vuole fare un record mondiale. Non un capolavoro di design ma un'ottima prova per il mio programmatore preferito!



domenica 11 giugno 2023

Stories: The Path of Destinies

 


Stories: The Path of Destinies - 2016 - Versione Playstation 4

Stories è un gioco strano: ha un motore di gioco ottimo, molto fluido, colorato e dettagliato (pure se in stile un po' fumettoso), una visuale alla Diablo con una verticalità dei mondi di gioco davvero notevole, e un accompagnamento musicale sorprendentemente ottimo; eppure i combattimenti in questo gioco sono solo un aspetto molto più che secondario nell'intera economia di gioco. Infatti pur se il sistema di scontro funziona perfettamente, le battaglie offrono pochissima varietà e sono quindi giusto funzionali al variare un po' il ritmo di gioco, offrire un minimo di sfida e soprattutto permettere, grazie all'acquisizione di punti esperienza, una certa progressione nelle statistiche del personaggio.


Allo stesso modo Stories offre il gusto dell'esplorazione, ma anche in questo non siamo di foronte all'elemento fondamentale dell'esperienza di gioco: i mondi sono abbastanza vari, ricchi di passaggi che possono aprirsi solo dopo diverse partite, tesori da scoprire e paesaggi affascinanti. Ma dopo poche partite i luoghi sono sempre gli stessi e ti passa anche la voglia di esplorarli meticolosamente, anzi una volta potenziate tutte le armi cercherai di attraversarli il più velocemente possibile.


Ma allora dove sta la ciccia? Nella storia! Questo gioco, come si evince dal titolo, racconta una storia che segue sentieri diversi, a seconda di quello che il giocatore decide di fare, alla stregua di un libro-game. Durante una partita si incontrano fino a quattro biforcazioni che ci condurranno verso a ben 24 diversi finali. Ovviamente per terminare il gioco davvero è necessario vederli tutti. Ed è qui il problema: dopo sei o sette "cicli" le ambientazioni le abbiamo viste tutti, il personaggio è già sviluppato pressoché al massimo e i combattimenti annoiano.


Se al primo giro ci metterai magari un'ora e mezza ad arrivare al finale, al decimo correrai verso la fine del livello senza esplorare o raccogliere nulla, per finire il tutto in una ventina di minuti. E a che scopo? Per "integrare la storia" e vedere il finale "finale"? Secondo me non ne vale la pena! 


E' vero: il gioco è bello, narrato in modo fenomenale da un cantastorie che non sta mai zitto ma che commenta umoristicamente quasi ogni azione, il combattimento funziona e le ambientazioni sono molto carine. Ma i contenuti sono veramente pochi, in tutti gli ambiti: pochi ambienti, pochi nemici, poche mosse in battaglia, poche cose da esplorare, insomma Stories è un gioco che promette molto ma che alla fine annoia nemmeno a metà del cammino.


Ciononostante mi sono divertito per qualche ora per cui mi sento di consigliartene una prova: anche se recitato in inglese il gioco è tradotto in italiano molto bene e i personaggi sono tutti molto simpatici, così come è simpatico il modo in cui si dipana la storia.




giovedì 8 giugno 2023

Toki



Toki - 1990 - Versione Arcade

Penso che tutti conoscano questo gioco arcade, almeno per sentito dire, ma quanti effettivamente hanno provato a giocarci nella sua versione da sala giochi? Lo chiedo perché non riesco a spiegarmi come mai Toki sia ancora oggi così tanto amato, a meno che le versioni casalinghe non fossero più accomodanti verso il giocatore e quindi forse i giocatori ricordano queste versioni.



Toki è fondamentalmente un gioco fortemente ispirato a Ghosts'n Goblins, da cui riprende tante caratteristiche, senza averne purtroppo nemmeno lontanamente lo stesso carisma e la stessa magnetica giocabilità. Tra l'altro mentre in GnG ogni partita introduceva un po' di casualità, con nemici che comparivano e si muovevano con schemi non sempre meccanicamente uguali, mentre qui ogni partita è pressoché identica alla precedente per cui per progredire è indispensabile imparare a memoria come affrontare ogni centimetro della mappa. E per me questo è l'antidivertimento. 


Mi si potrà dire che anche Gng ha nemici e insidie in posizioni fisse, ed è vero, ma il contorno è sempre qualcosa che ti impone un uso creativo dei comandi. In ogni caso, questo Toki mi ha mangiato una manciata di gettoni nei bei tempi andati perché un certo fascino questo cabinato lo esercitava su chi gli passava davanti, me incluso. Peccato che dopo 5 partite chiunque capisce che in questo gioco è necessario morire a ripetizione per progredire nel percorso, e che quindi è ad esempio praticamente impossibile fare la mitica partita di "straculo", quella che ti porta a finire un intero livello quasi la prima volta che ci arrivi perché sei riuscito, in uno stato di flusso, a domare i comandi (a chi non è mai capitato in altri giochi?): qui se arrivi in una nuova schermata muori, e non c'è via di scampo, perché ad ogni passo ti arriva improvvisamente il mostro dal culo e se tu non lo sai ti prende e ti accoppa. In sostanza se si ha la costanza (e all'epoca anche i soldi) per giocare e rigiocare per imparare la partita perfetta, il gioco si finisce in fretta, basta memorizzare e non sbagliare una mossa.



Quindi io odio questo gioco e non lo consiglierei a nessuno, a meno che non sia un amante del genere platform in stile Ghosts'n Goblins... ma anche in questo caso forse è meglio tornare a divertirsi sul gioco Capcom piuttosto che incazzarsi su questo gioco anche tecnicamente abbastanza mediocre.



lunedì 5 giugno 2023

Rune

 

Rune - 2000 - Versione Pc

Oggi classica recensione per rivista:

Povero Ragnar: oggi finalmente è diventato un uomo, superando la Prova che ne ha decretato per lui il raggiungimento dell’età adulta. Ora, come tutti gli altri uomini suoi compagni, il giovane vichingo ha il dovere di difendere la sua casa e il sacro tempio di Odino che si innalza al centro del villaggio. Tuttavia il destino si è accanito contro di lui e di tutta la sua gente: il giorno di festa è stato infatti rovinato dall’attacco di una nave di guerrieri rinnegati, guidati dal traditore Conrack, che su ordine del malvagio dio Loki hanno dato assalto ed annientato il piccolo villaggio vichingo. Il tempio è stato distrutto e tutti gli abitanti di Ragnarock uccisi, compreso il padre di Ragnar. Ragnar stesso sarebbe affogato in seguito all’affondamento della sua imbarcazione, se non fosse stato per la benevola mano del dio Odino, che ha scelto di farlo vivere perché potesse vendicare l’affronto e sconfiggere il suo malvagio antagonista.





Ha così inizio l’epopea del giovane eroe vichingo che lo porterà ad attraversare i luoghi più impensati e misteriosi e a combattere contro una folta schiera di mostri terrestri e marini, di non-morti e di guerrieri malvagi. Fortunatamente il nostro eroe è abilissimo nell’uso delle armi: asce, mazze e spade sono per lui di uso semplicissimo, a giudicare dalla facilità con cui è in grado di far volteggiare le lame decapitando gli zombie che gli si parano davanti, o da come schiaccia i gusci degli enormi insetti che popolano le caverne, saltando su di loro con la mazza ferrata. Il corpo a corpo sembra essere l’unico tipo di lotta che è in grado di praticare (niente attacchi a distanza con archi e frecce, dunque), ma questo non gli impedisce di affrontare, grazie a colpi multipli e alla potenza della forza magica delle rune che raccoglierà sul suo cammino, anche più nemici contemporaneamente. Ovviamente una buona tattica di sopravvivenza gli consiglierà di attirare i nemici ad uno a uno per affrontarli singolarmente, ma le già citate capacità magiche (legate al tipo di arma impugnata) potranno essergli di grande aiuto anche nelle fasi più concitate, consentendogli di essere invisibile, di creare fiamme o fulmini e così via. Oltre a questo il nostro eroe può anche contare sull’utilizzo di scudi sempre più grossi e resistenti con cui parare i colpi del nemico.


Il buon Ragnar non è però solo capace di combattere: è anche un provetto scalatore in grado di compiere balzi di lunghezza notevole, di arrampicarsi su liane e catene, di nuotare in apnea e di azionare, qualora vi sia necessità, leve e meccanismi. Il suo lungo cammino verso il campione del male lo porterà ad esplorare complessi mondi (in parte sotterranei), caratterizzati da mappe enormi e dal design eccezionale, ricchi di tesori ed armi da raccogliere e, perché no, oggetti da distruggere: l’interazione in questo senso è molto avanzata, visto che il buon Ragnar può abbattere porte ed aprire brecce nei muri, oltre a poter spaccare mobili e rocce. E’ anche possibile appiccare fuoco a nemici e suppellettili utilizzando le torce, un’azione che lo toglierà spesso e volentieri dai guai. Le torce permettono inoltre di illuminare gli anfratti più scuri, grazie al sistema di illuminazione integrato nel gioco che è di primissima qualità. Il sistema permette inoltre di proiettare sul pavimento e le pareti circostanti le ombre del protagonista e dei nemici in maniera eccezionalmente realistica per l'epoca. L’aspetto grafico del gioco è comunque di prim’ordine per un gioco del 2000, l’insieme è veramente fantastico, con alcune caratteristiche, come l’acqua e la lava, che mi avevano veramente lasciato senza parole.

Purtroppo vi è una carenza quasi totale di musica di sottofondo, una mancanza che – è proprio il caso di dirlo – si fa sentire e che avrebbe contribuito a rendere l’esperienza ancor più coinvolgente. Tuttavia i rumori ambientali sono ben curati e fanno di Rune un gioco tutt’altro che silenzioso.




Una caratteristica molto originale del gioco è il fatto che si può passare dalla visuale in terza persona (alla Tomb Raider) a posizioni sempre più ravvicinate, fino ad arrivare alla prima persona: agendo magari sulla rotellina del mouse – caratteristica inedita all'epoca in campo videoludico – è possibile quindi ravvicinare od allontanare la telecamera virtuale dagli occhi del protagonista, attraverso diversi passaggi intermedi. La visuale in prima persona può forse essere indicata per le fasi esplorative, ma non è consigliabile in caso di combattimento, visto che non vengono mostrati sullo schermo gli arti dell’eroe (come avviene al contrario in tutti i giochi in prima persona in cui l’arma impugnata è sempre in bella mostra) ed è quindi difficile capire se riusciamo o meno a colpire i nemici. Una visuale leggermente più arretrata, direttamente alle spalle di Ragnar, risulta più indicata e viene di fatto facilitata poiché il corpo del nostro eroe, che riempirebbe gran parte dello schermo, è visualizzato semitrasparente. La visuale migliore resta comunque quella più distante (alla “Vampire”), consentendo di muoverci con la maggiore precisione possibile soprattutto nelle fasi di scontro corpo a corpo.


I livelli di gioco si susseguono con ritmo incalzante, spesso inframezzati da qualche siparietto in cui il buon Odino ci sprona a proseguire, oppure qualche nemico più grosso del solito (i cosiddetti “boss” o mostroni di fine livello) tenta di sbarrarci definitivamente la strada. Anche se i mondi da esplorare sono enormi e ricchi posti da scoprire, la sensazione “di progresso” è sempre molto elevata e di fatto sprona al proseguimento del gioco senza mai annoiare. Rune è insomma uno di quei giochi con i quali il tempo vola senza nemmeno che te ne accorgi, e credo che non ci siano altre parole per attestare la validità di un simile prodotto. In definitiva Rune risulta ottimo sotto tutti i punti di vista ed è per questo consigliato a tutti gli amanti dell’action-adventure che vogliono provare qualcosa di diverso dal solito Tomb Raider.