giovedì 28 febbraio 2019

The Pawn




The Pawn - 1986 - Versione Amiga


The Pawn fu il primo gioco pubblicato da Magnetic Scrolls, società alla quale (insieme alla già nota Infocom) si deve il grande merito di aver elevato la qualità di un genere, quello delle avventure testuali, a livelli mai visti prima. Davanti ai loro prodotti fu addirittura accantonato il vecchio e semplice termine utilizzato fino ad allora, che bollava questi giochi come semplici "text adventure", in favore del più nobilitante/consono "interactive fiction", categoria entro cui ancora adesso si suole comprendere tutti i giochi di questo genere.



I prodotti delle due grandi società che ho citato prima, Infocom e Magnetic Scrolls, sono infatti caratterizzati da una parte da una prosa molto estesa e ricca di sfumature, molto più simile a quella che ci si aspetterebbe di trovare in un libro, e quindi molto lontana da quella tipica schematicità presente nelle avventure testuali precedenti e anche loro contemporanee (spesso legate al clichè "Sei in una stanza fatta così e vedi queste cose; che fai?"), mentre d'altra parte abbiamo un parser (l'interfaccia uomo-macchina) molto sofisticato che avvicina enormemente i comandi impartibili durante il gioco a quello che è il nostro linguaggio naturale, riuscendo per esempio ad accettare e comprendere frasi complesse come "metti tutte le chiavi, tranne quella blu, sul cavallo e poi cavalcalo" (ovviamente però in inglese).



Infocom raggiunse per prima a questi traguardi, ma devo essere sincero: non sono mai riuscito a giocare ad una loro avventura per più di poche ore. Persino giocando alla "Guida Galattica per Autostoppisti", una meravigliosa avventura scritta dallo stesso autore dell'omonimo libro, un libro che tra l'altro ho letto e riletto tante volte da giovane, non sono mai riuscito a progredire troppo. Il motivo è semplice: in questi giochi c'era persino troppo testo ed era scritto in modo troppo forbito e ricco di figure retoriche, voli pindarici, immagini figurate... tutte costruzioni che concorrevano a creare una prosa d'effetto, spesso ironica, ma troppo evoluta e quindi faticosa da seguire per chi non fosse di madre lingua inglese.



Se questo discorso tanto valeva negli anni '80, quando ero appena un ragazzino, ammetto che anche oggi, che per lavoro passo metà del mio tempo a scrivere e leggere in inglese, trovo ancora non poco faticoso e di conseguenza poco divertente dover capire esattamente cosa c'è scritto e discernere gli elementi concreti, quelli con cui interagire, dai semplici orpelli lessicali che arricchiscono la prosa: l'elemento che per un giocatore madrelingua faceva in questi giochi la differenza in positivo, finiva per essere penalizzante per quelli che invece, come me, giocavano col vocabolario sempre a portata di mano.



Con i giochi Magnetic Scrolls incontrai le stesse problematiche ma con una piccola grossa differenza: le immagini. Sembra una quisquilia, ma la presenza di immagini a corredo, esattamente come succede nei libri illustrati per bambini, rende la lettura più agevole. Il riscontro visivo di una location aiuta enormemente a calare nella parte, a far entrare nell'atmosfera del gioco e soprattutto aiuta a comprendere il testo, alleggerendolo, focalizzandolo. La presenza di immagini, soprattutto se di alto livello come nei giochi della Magnetic Scroll è quindi un grande aiuto per rendere il gioco più fruibile e digeribile.



Parlando della qualità delle immagini, in "The Pawn" non si raggiunge mai una vera e propria eccellenza, come invece accade in alcuni titoli successivi, ma in ogni caso quasi tutte le immagini presenti nel gioco sono così "pittoriche" ed evocative che rendono il gioco estremamente più interessante e meritevole di sforzo per essere compreso. Non è una cosa facile da spiegare, me ne rendo conto, ma le immagine dei giochi Magnetic Scrolls sono un elemento davvero fondamentale per gustarsi il gioco, sono a mio parere un elemento dal peso specifico molto alto. Questa cosa l'avevo intuita già vedendo le prime immagini del gioco sulle riviste del settore, al punto che mi sentii spinto ad "acquistare" il gioco in un negozietto pirata. Questa è stata l'unica volta in vita mia in cui acquistai un gioco pirata per l'Amiga, tutta la mia softeca era stata costruita con (pochissimi) giochi originali e una quantità spropositata di dischetti copiati o scambiati con amici, sempre a costo zero. Ma siccome The Pawn non ce l'aveva nessuno dei miei contatti, mi recai con un deca ad acquistare il dischetto in un negozietto schifoso nascosto nel centro di Genova. Ovviamente mi rifilò una copia non sprotetta, per cui mi ritrovai dopo un centinaio di mosse ad essere impossibilitato a proseguire (non avendo il libretto di istruzioni da cui estrarre le parole richieste dalla protezione). Non ricordo se andai a cambiarlo con qualcosa d'altro, sinceramente, ma comunque poi mi arrivò una copia funzionante per altre vie, per fortuna.



Il gioco mi deluse un pochettino, comunque . Era difficile: difficile da comprendere, difficile non perdersi, difficile anche capire dove ti portasse la trama. Difficile anche perché alcuni personaggi alle volte li si trovava in un posto, altre volte non c'erano da nessuna parte. E poi non mi è mai piaciuta l'impostazione un po' sopra le righe, con situazioni e ambientazioni poco coerenti tra loro. Si passava dal castello medievale e le foreste fatate, alle miniere con ascensori elettriche, fino ad arrivare all'inferno. Insomma c'era una commistione di antico e moderno, magico e quotidiano, che non mi è mai stato congeniale.



Per questo motivo non ricordo The Pawn come una delle migliori avventure a cui abbia giocato. E' un ottimo prodotto ma dall'impostazione ancora troppo classica, soprattutto perché è piuttosto punitivo, non solo nelle "morti" ma anche nella gestione degli oggetti, che a volte si rompono o se vengono utilizzati in un modo poi non possono più essere riutilizzati per fare altro... magari compromettendo il punteggio o la risoluzione del gioco.


venerdì 22 febbraio 2019

Hulk Brickheadz



Set 49592 - anno 2017 (93 pezzi)


Anche questo Hulk non regge il confronto con capitan America, mancando di quel "pezzetto" particolare che lo possa rendere unico. Fondamentalmente è come Ironman, con la differenza che ha i capelli, fatti davvero in modo orrendo, e - al contrario - possiede delle braccia molto molto azzeccate.
E' incredibile come un piccolo particolare come le braccia riesca da solo a caratterizzare il personaggio donandogli una parvenza di "spessore" che in realtà non c'è (essendo il corpo esattamente fatto come quello degli altri due).
Questo particolare solleva un po' le sorti di questo set che comunque resta qualcosa di abbastanza trascurabile.

Valutazione 6/10

Prezzo nuovo 9 euro.

mercoledì 20 febbraio 2019

Riviste dal Passato: FUTURA




FUTURA - PERUZZO EDITORE - 1983-1985


Dalla notte dei tempi tiro fuori questa magnifica rivista dei primi anni '80, tale "Futura" che tanto mi sollazzò quando ero un bambino delle medie. Ci sarebbe moltissimo da dire riguardo a questa pubblicazione partendo dal fatto che, purtroppo, durò poco più di un paio d'anni, in tutto 20 numeri. In realtà però la rivista esisteva già col nome "Omni" ma era più incentrata sulla narrazione "fantascientifica" che sulla divulgazione scientifica. In ogni caso non ho mai letto nemmeno un numero di quest Omni, pertanto non saprei dire quanto fosse simile a Futura.
Tornando quindi a Futura, certamente non era una rivista molto economica (i 4000 lire dell'epoca erano circa 7 euro attuali), ma già la qualità della carta, e soprattutto della stampa, erano innegabili. Alcune pagine avevano addirittura il fondino argentato, una cosa che non ho mai più visto in pubblicazioni da edicola e che sapeva tanto di "confezione da videogioco", un elemento sicuramente molto proiettato verso il futuro!



E infatti il motivo principe per cui compravo questa rivista era la presenza di alcune pagine, mai più di una decina invero, in cui si parlava proprio di videogiochi o, come da titolo dalla relativa rubrica: "Giochi Elettronici". Per l'epoca credo che fosse una delle poche riviste, e quindi una delle pochissime fonti di informazioni, per chi fosse interessato ai videogame (se si escludono le pubblicità su Topolino). Grazie a Futura ogni mese potevo godere quindi di qualche recensione, qualche notizia, qualche approfondimento fatto con interviste o con opinioni.



Il resto della rivista era meno interessante, ma non mancava qualche spunto che meritasse la lettura.
Intanto si parlava di tecnologie d'avanguardia (per l'epoca) nel campo delle risorse energetiche, nella medicina, nell'astronomia/astronautica, nell'informatica, nella preservazione dell'ambiente.
A volte però si perdeva in paginate per illustrare progetti scientifici/fantascientifici di pochissimo interesse (per un bambino), ma anche in questo caso c'erano sempre delle belle illustrazioni da guardare! Non mancavano a tal proposito una manciata di pagine di racconti e di disegni/stampe artistiche con soggetti futuristici.



In definitiva la rivista era fatta bene, ricca di contenuti e spesso gli articoli erano firmati da nomi importanti (tra cui spiccano ad esempio Roberto Vacca, Fulco Pratesi e anche parecchie cavolate di Peter Kolosimo). Leggevo Futura sempre di buon grado, pregustandomi il lento avvicinarsi delle pagine finali, quelle che parlavano di videogiochi. Ri-sfogliando oggi la rivista, tutto sommato e sotto certi aspetti, mi rendo conto che Futura era persino meglio delle attuali riviste divulgative, come Focus, Voyager et similia. Certo, molti articoli sono dei mattonazzi mentre oggi i concetti vengono sempre più condensati in poche righe ad effetto, ma è innegabile che la qualità di questa pubblicazione è spesso superiore a quella delle riviste odierne.



lunedì 18 febbraio 2019



Mario Bros - 1983 - Versione VCS e C64


Dopo aver parlato della versione arcade, con la quale ho giocato davvero pochissime volte, voglio spendere due parole invece riguardo alle due versioni casalinghe sulle quali invece ho passato ore: quella per il Commodore 64 e, soprattutto, quella per l'Atari 2600.



Devo ricordarti che all'epoca, mentre i giochi per il Commodore li si poteva avere praticamente gratis, quelli della console Atari costavano molto cari, fino a 90.000 lire ciascuno - oggi circa 130 euro - pertanto se in qualche modo capitava in mano una cartuccia (comprata, scambiata con amici, presa in prestito ecc) si finiva per giocarci fino alla morte, perché magari non si sarebbero visti altri giochi per almeno un mese, e quindi bisognava sfruttare quella preziosa cartuccia il più possibile. 



Questa semplice considerazione spiega perché si riuscisse a giocare a lungo a titoli che oggi forse non prenderemmo nemmeno lontanamente in considerazione (e non solo per il mero aspetto tecnico). Non era però questo il caso di Mario Bros. La sua verisone per Atari 2600 era dignitosa e, soprattutto, divertente da giocare. Io non impazzivo per questo titolo, ma ci ho giocato comunque volentieri, un po' proprio perché - come spiegato - questo passava il convento, ma anche perché, oggettivamente, il porting non era per niente fatto male.



Certo, la grafica era pietosa, con bestie monocromatiche, Mario un po' sproporzionato, gli altri elementi grafici fatti a blocchetti monocromatici, nessun scenetta di intermezzo (e le monete, buon Dio, quadrate a strisce colorate!). Ma il gioco c'era tutto, ed era assolutamente godibile. Piccola nota: questo titolo aveva comunque una seppur semplice schermata col titolo (foto in alto), fatto piuttosto raro nei giochi per VCS, e questo fatto contribuiva a valorizzare la cartuccia agli occhi di noi giovani giocatori.



La versione successiva, che arrivò con il Commodore 64 era molto più simile all'arcade, per lo meno la grafica gli si avvicinava, pur non essendo certo allo stato dell'arte. Anche in questa versione mancavano le scenette di intermezzo e le piattaforme non si deformavano se colpite da sotto (grave mancanza), ma le bestiole erano davvero carine, e il gioco risultava forse leggermente più giocabile rispetto alla versione Atari, in quanto Mario scivolava un po' meno (in questo titolo l'inerzia del personaggio è molto marcata).



In definitiva la versione migliore resta quella arcade, assolutamente inarrivabile dai due porting casalinghi appena illustrati. Tuttavia anche queste due versioni meritano un certo rispetto, perché ottimamente realizzate tenendo presente le macchine su cui furono programmate.

domenica 17 febbraio 2019

6338: porticciolo vintage




Set 6338 - Anno 1995 (Pezzi 364)


Questo set è abbastanza carino. Vuole rappresentare la sede della guardia costiere in una zona di mare (un cespuglio e una palma suggeriscono una località estiva) e ci riesce abbastanza bene se non fosse per quel terribile pontile giallo che non c'azzecca per niente. Per il resto ci sono 4 omettini, un delfino, una macchinetta, un elicotterino e un motoscafo (che non è rimasto nella foto). L'elicottero ha la sua base di atterraggio e subito dietro c'è una pompa per la benzina. La macchinina invece ha un pezzetto di strada con salita che, da solo, è migliore del 90% delle basi su cui di solito sono costruite le casette di lego. Non mancano altri particolari (quali il radar rotante, l'ufficio al piano di sopra ecc) ma in totale il tutto è abbastanza semplice. Senza infamia e senza lode.

Valutazione 7/10

Prezzo nuovo 130 euro circa

sabato 16 febbraio 2019

Chi era bravo a giocare a Virus?




Virus - 1987 - Versione Amiga


Questo Virus è un porting di Zarch, il primo e quasi unico gioco sviluppato per Archimedes, uno sfortunato computer che ebbi la fortuna di provare a casa di un amico, nel lontano 1990. Nato come demo delle capacità grafiche di questo personal computer, fu poi trasformato in un gioco e quindi anche convertito per altre macchine, tra cui l'Amiga ove ebbi la "fortuna" di giocare un po'.



Prima di tutto va detto che sull'Amiga 500 liscio questo programma soffre di una leggera scattosità che purtroppo complica ulteriormente un gioco già di per sé molto difficile. In compenso sull'Amiga 1200 Virus gira a velocità supersonica, restituendo una sensazione di fluidità e controllo eccezionali. Ecco, il problema di Virus è proprio il controllo: praticamente è richiesto di muovere un'astronavina girando il suo muso nella direzione in cui si vuole andare (non solo a destra e a sinistra, ma anche in alto e in basso) e poi dando gas ai motori per muoversi in quella direzione. Praticamente funziona come in Asteroids, ma con l'aggiunta dell'asse verticale, e con l'ulteriore complicazione della forza di gravità che tende a far accelerare la navetta verso il terreno, e se non si compensa in qualche modo si finisce inesorabilmente per spiaccicarsi al suolo.



Tutto questo mentre bisogna prima individuare sulla mappetta e poi abbattere gli ufo nemici, cercando anche di non terminare il combustibile. Quindi, ricapitolando: volare non è così intuitivo, dare una direzione e nel contempo mantenere quota è un casino, orientarsi nella mappa è difficile, trovare i nemici, che possono essere anche molto in alto o radenti al suolo non è semplice, mirarli è difficilissimo, evitare i loro colpi è arduo, non sprecare carburante e missili è un impresa... tutto insieme è semplicemente un incubo!



Per me virus è semplicemente fuori portata. Sono certo che applicandosi per ore diventa possibile controllare la navetta... ma ne vale davvero la pena? Non ho sinceramente mai capito i voti altissimi che la critica ha da sempre attribuito al gioco. Anche la grafica, diciamolo, è molto astratta e c'è pochissima visibilità. Sicuramente è originale, sotto tutti i punti di vista, ma non trovo alcun divertimento anche nelle sue fase sparacchine.
Un'occhiata la merita, ma niente altro.

venerdì 15 febbraio 2019

30532: un bellissimo micro set




Set 30532 - Anno 2018  (61 pezzi)

Questo set è veramente microscopico, e consta di un solo omettino della serie ninja (con le sue due belle faccine), armato di pugnale e katana, e di un'automobilina in stile kart, ricca di pugnali e katane anch'essa.
A parte la ridicolaggine di vedere un ninja andare in kart, il set è davvero carinissimo nella sua essenziale piccolezza. Il fatto che sia verde, poi, aggiunge un pizzico ulteriore di bellezza.



Non c'è veramente molto da dire se non che mi è tornato in mente, costruendolo, quando da bambino giocavo con il set spazio 886 (1 omettino e un mezzo di 11 pezzi), quindi mi sento di suggerire questo piccolo set (venduto in bustina) a chi vuole fare un regalino ad un bambino, visto che è anche molto divertente come giocattolo.


Valutazione 9/10

Prezzo nuovo circa 5 euro


giovedì 14 febbraio 2019

Mario Bros (senza "super")



Mario Bros - 1983 - Arcade


Prima del famoso "Super Mario Bros" esisteva gia un semplice "Mario Bros", in cui il nostro idraulico (e suo fratello Luigi - da cui il nome "bros" - se si faceva una partita in doppio), si limitava a far fuori delle povere ma letali bestiole saltellando per livelli a schermata fissa: nessuno scrolling, nessun tipo di esplorazione, il gioco si svolgeva tutto in un unica schermata, fondamentalmente sempre uguale a se stessa.



Ogni livello riporta un numero crescente di bestie da eliminare. Codeste povere creature (tartarughe, granchi che richiedono due colpi e poi anche insetti saltanti) escono dai tubi in alto e se non vengono fermate scompaiono in quelli in basso, per poi ricomparire più veloci di nuovo dall'alto. Per eliminarle dobbiamo saltare sotto di esse in modo da stordirle e poi prenderle a calci per farle cadere in acqua (che sarebbe idealmente in fondo allo schermo). Oltre a questo ci sono anche alcune fiammelle rotanti da evitare, che ci inseguono svolazzando per lo schermo. Infine abbiamo la possibilità di dare fino a tre colpi all'oggetto "POW" posto al centro del primo piano, capace di scuotere tutte le piattaforme all'unisono, e che insomma funziona come una specie di smart bomb.



Siccome amavo Donkey Kong fui incuriosito da questo gioco dal momento che presentava lo stesso protagonista, il buon Mario. Era forte questa cosa che, come in una specie di telefilm a puntate, si ritrovasse lo stesso omino ad affrontare una nuova situazione. Eppure non trovai nessun altro spunto di interesse: Mario Bros presentava una sfida sempre più difficile di livello in livello, ma sempre troppo uguale a se stessa. E a poco servivano le saltuarie schermate bonus in cui raccogliere monente entro un determinato limite di tempo.



Alla fine giocai ben poche partite a questo gioco nella sua incarnazione da bar, e solo per curiosità. Sicuramente giocai ben più intensamente coi suoi porting casalinghi, di cui però parlerò in altre occasioni.
Per il momento però posso dire che questo gioco è carino ma, se non ami il genere, ti consiglio di starne alla larga: oggi Mario Bros non ha davvero alcun tipo di appeal per cui impegnare più di 10 minuti del nostro prezioso tempo.


mercoledì 13 febbraio 2019

Monster Hunter World, ore e ore...




Monster Hunter World - 2018 - Versione Ps4


Un tempo nei pagelloni con cui molte riviste recensivano i videogiochi era presente anche la voce "longevità", che andava a riassumere con un valore numerico il monte ore che un titolo si prevedeva potesse regalare al giocatore prima che questi, stufo o appagato, mettesse da parte il gioco per passare ad altro. Era una voce importante, perché investire tanto denaro per un prodotto che non regalasse un adeguato ritorno in termini di tempo di impiego aveva il suo peso sulla bilancia. Soprattutto quanto i giochi costavano tanto. Soprattutto quando eravamo ragazzini e con poca pecunia a disposizione. Soprattutto se eri genovese.



Monster Hunter World per Ps4 avrebbe ottenuto un 100% pieno in questa voce. Ad oggi ho giocato a questo titolo ben più di 100 ore, il tempo impiegato per arrivare ai titoli di coda, che poi sono titoli di coda per modo di dire visto che adesso mi si è aperta una fase di post-end-game ricchissima di cose da fare, mostri nuovi, avventure bonus (ho appena finito quella nei panni di Geralt di Rivia) e soprattutto equipaggiamenti da fabbricare. Devo dire che la ripetitività adesso inizia a farsi sentire, ma se avessi a disposizione amici (veri) con cui fare scorribande venatorie, potrei andare avanti almeno altre 100 ore. Per sfortuna/fortuna le mie partite online sono sempre e comunque con illustri sconosciuti, per cui la cosa è sì divertente, ma nulla di imprescindibile. Tra l'altro mi sono dedicato ad un solo tipo di arma e se volessi imparare ad utilizzare anche le altre, per lo meno quelle proprio completamente diverse dallo spadone (come i martelli o gli archi), mi troverei davanti quasi ad un altro gioco, e quindi mi troverei ad impegnare altre preziose ore della mia vita divertendomi davanti a questo titolo.



In questo momento ho anche altri giochi che mi guardano sullo scaffale, per cui approfitto di questo momento in cui sento, patendola, un po' di ripetitività, per passare ad altro. Qualche settimana fa ero portato a pensare che questo Monster Hunter entrasse tra i miei titoli preferiti di sempre, oggi non ne sono più tanto sicuro. Quella voglia pazza che avevo di mettermi a giocare mi è in gran parte andata via, ma non so se si tratta di una fase passeggera o se effettivamente dopo 100 ore di continue cacce agli stessi mostri negli stessi posti si inizi davvero a non poterne più. 
Sia come sia il gioco è fantastico: tecnicamente solido, all'inizio mi ha un po' spiazzato perché, venendo dall'ampio open-world di Final Fantasy XV, gli ambienti di Monster Hunter mi sembrarono molto angusti. Era ovviamente solo un'impressione, perché ben presto si capisce che i (pochi) luoghi di questo gioco sono comunque ampi e pieni di passaggi e segreti. Le meccaniche del gioco sono un po' legnose, è vero, ma funzionano alla grande e dopo poche ore ci si sente subito a casa. E poi le creature, i mostri: fantastici, sembrano tutti dei "boss di fine livello" usciti da qualche gioco di ruolo, ma qui sono "vivi", fanno cose, dormono, giocano... quando non vi vedono hanno le loro abitudini, e scappano persino da voi se in difficoltà. Non tutti sono così verosimili, ma la maggior parte sembrano delle bestie vere e dispiace ucciderle (e infatti normalmente le catturo, se proprio non devo uccidere).



Ci sarebbero un milione di cose da dire su questo splendido gioco, ma come sempre mi voglio limitare alle mie sensazioni soggettive. Monster Hunter World è un gioco come ne escono pochi, prima di tutto perché richiede impegno e dedizione. Le mie 100 ore credo proprio che siano il minimo necessario ed indispensabile per affrontare il gioco. Se non si dispone di questa elevata risorsa di tempo è meglio lasciar perdere fin dall'inizio, si finirebbe per non capire il gioco ed archiviarlo come un bizantinismo giapponese come tanti. Se poi si era già visto il Monster Hunter per PSP, lo si dimentichi: questa incarnazione per PS4 e PC non ha nulla a che vedere con quell'affascinante ma quasi ingiocabile titolo portatile (io mi ci ero messo su, ma al primo combattimento serio ho gettato la spugna, per manifesta incapacità nel gestire la telecamera).
In definitiva Monster Hunter World è un grandissimo gioco, complesso ma amichevole, ricchissimo di contenuti ma poco vario nelle situazioni che offre, molto impegnativo ma generoso di soddisfazioni.
Non so se alla fine entrerà nella mia top 10, ma sicuramente ci andrà molto vicino.



lunedì 11 febbraio 2019

10185 - Un set modulare abbastanza vuoto




Set 10185 - Anno 2008 (2352 pezzi)


Altro set da collezione e parte della città "modulare" di cui fa parte, tra gli altri, anche il già recensito set 10182, questo palazzo è comunque migliore del citato hotel in quanto, per lo meno, gli interni sono un po' più curati, essendo presenti alcuni particolari soprattutto per quanto riguarda il negozio al piano terreno. Ma al di là di questo tutto il set sembra più curato, compreso il "retro" del palazzo che presente una bellissima scala anti-incendio e un piccolo terrazzino con ombrellone e barbecue.



Tutta la costruzione è ovviamente "scoperchiabile" essendo formata da 4 fette che possono essere sollevate per accedere agli interni in modo da porci fare vivere dentro i 4 omettini che completano il pacchetto. Qualche particolare è stato inserito anche ai piani superiori: termosifoni, un letto, un pendolo e poco altro.



Personalmente trovo il look generale del set veramente bello, la costruzione è piuttosto solida, e mi sono anche divertito a costruirlo (nulla di impegnativo ma essendoci molti pezzi ci sono volute comunque alcune ore). Come votazione però non vado oltre l'8 perché non si tratta a mio parere di nulla di particolarmente esaltante. Sicuramente non vale il migliaio di euro necessari per acquistarlo.


Valutazione 8

Prezzo nuovo intonso eur 1200 circa


domenica 10 febbraio 2019



Twin Kingdom Valley - 1983 - Versione Commodore 64


Questo gioco è una vera bestia nera nella mia carriera di avventuriero: non sono mai riuscito a fare granché visto che finivo sempre per perdermi o per essere ucciso da qualche creatura malvagia che, per puro divertimento, mi inseguiva per le location fino ad eliminarmi. Ho provato di recente e riprenderlo, ma niente: finisco sempre nello stesso modo. Ho provato allora a seguire la soluzione e, sì, ho fatto qualche progresso, ma alla fine mi trovo invariabilmente braccato da un troll che mi lancia addosso le sue armi uccidendomi.



Ed è un peccato perché questo gioco, sotto molti aspetti, è davvero sorprendente. I programmatori si sono certamente ispirati, per trama e scopo del gioco, al classicissimo Colossal Cave Adventure, che è il bisnonno di tutte le avventure testuali. Quindi niente di particolarmente interessante, siamo il classico cacciatore di tesori perso in un mondo fantasy. A livello di quantità di testo su schermo siamo più o meno allo stesso livello - e graficamente usa i caratteri di sistema, quindi è molto spartano  - mentre il parser, in Twin Kingdom Valley, non so quanto sia stato effettivamente migliorato/peggiorato, so solo che praticamente riconosce le parole dalle prime 2 lettere, ma non ho mai avuto grossi problemi nell'impartire comandi.



Quello che stupisce in questo gioco è la quantità di oggetti, personaggi e, soprattutto, location presenti nel gioco. E ogni "stanza" che visiterai ha la sua rappresentazione grafica, addirittura con alcuni sprite in movimento (ad esempio: il coniglio sulla strada, il fuoco nel caminetto e le nuvole nel cielo, come nelle foto che metto a corredo). E' davvero incredibile la quantità di dati stipati nei pochi Kbyte del gioco, e per questo va un plauso a chi è riuscito a programmare un mondo così vasto (e decisamente complesso) comprimendo i dati in modo così efficace. E' interessante notare (come si può vedere nelle due foto qui sopra) come gli elementi grafici siano riciclati e spesso scalati nelle varie immagini (vedi il contenuto del quadro nella foto di sinistra?)... senz'altro un gran lavoro di progettazione, come pochi ne ho viste in questo genere di giochi.



Quello che manca in Twin Kingdom Valley è una trama vera e propria, qualcosa che indirizzi e incentivi l'esplorazione. Così come è progettato ti butta in vasto mondo in cui perderti, alla ricerca di non precisati tesori e sperando di sopravvivere ai personaggi non giocanti ostili che inesorabilmente ti faranno a pezzi. Un po' poco anche per un gioco del 1983, secondo me. Il gioco è decisamente spiazzante e, in certa misura, frustrante. Vi prego di credermi, ci ho provato tante volte, spinto soprattutto dal mistero e dal fascino innegabili di un'ambientazione così riccamente illustrata, ma proprio non riesco a raccapezzarmici, resto bloccato e incapacitato a proseguire in alcuna direzione.  Secondo me, in confronto, Dark Souls è una passeggiata!