domenica 25 maggio 2025

Discografia Depeche Mode (prima parte)

 


Discografia Completa DEPECHE MODE (parte 1)

Dopo che un anno fa mi ero cimentato in una sciagurata maratona sulla discografia completa di Jovanotti, quest'anno mi sono voluto premiare con una discografia che, se non altro, amo. Prima il dovere e poi il piacere, mi aveva insegnato mia nonna. Ed eccomi quindi a riascoltare in ordine cronologico tutti gli album da studio di quello che è probabilmente il mio gruppo musicale preferito. Scarto volontariamente gli album dal vivo e le raccolte, ben sapendo che in questo modo verranno tralasciati anche dei brani famosi comparsi solo come bonus track. Alla fine di ogni recensione emetterò un voto che - attenzione - sarà la summa, la sintesi, di tanti aspetti diversi, che comprendono quanto mi era piaciuto il disco ai primi ascolti, quanto sono legato a quella particolare incisione, e soprattutto a quanto mi fa piacere riascoltare il disco oggi. Cercherò di fare una sintesi, ma sarà sempre e comunque una valutazione personale. Per cui non venitemi a contestare i voti, perché sono da considerarsi totalmente soggettivi. Ma bando alle ciance, iniziamo con:

I - SPEAK AND SPELL (1981)


Un album synth pop di 44 anni fa ha chiaramente delle sonorità che sembrano partorite da una tastierina che oggi puoi comprare a 50 euro su Shein, ed è innegabile che gli arrangiamenti sembrino piuttosto deboli anche se inquadriamo il disco nella sua epoca d'uscita. In altre parole nel 1981 c'era molto di meglio da ascoltare dal punto di vista della ricerca sonora, anche se ci dovessimo limitare ad esponenti dello stesso genere. Tuttavia noi vogliamo andare oltre al semplice sound, che è comunque interessante da ascoltare perché è innegabile che si noti un utilizzo creativo delle pochissime risorse a disposizione, una cosa che è importante imparare a fare (ed è una cosa che ho fatto un po' anche io ai vecchi tempi dell'Amiga), quando oggi invece con tutti i suoni facilmente a disposizione di chiunque molta gente perde di vista proprio la capacità di fare della propria creatività il punto fondamentale quando si compone e si suona. Tornando a noi e passando quindi all'ascolto delle canzoni si nota principalmente una cosa, e cioè la mano di Vince Clarke, che fece parte del gruppo solo per questo album ma che ha inevitabilmente influenzato non solo Speak and Spell ma tutta la produzione dei Depeche, fino ad oggi. Clark è un genio, come ha dimostrato in quarant'anni di carriera, ma in questo disco ha espresso molto poco della sua creatività, purtroppo. Si sente la sua presenza ovviamente in Just can't Get Enough, che è il brano più noto e travolgente dell'intero disco, ma anche in New Life, Dreaming on Me (brano quest'ultimo non presente nella versione originale britannica) e I Sometimes Wish I Was Dead (che al contrario è presente solo nella versione UK) che sono comunque canzoni capaci di lasciare qualcosa. Non si può dire lo stesso delle restanti tracce invece, che sono per lo più mediocri, per non dire di peggio. Sì, Speak and Spell è un album piuttosto debole sotto tutti i punti di vista, e se non fosse per Just can't Get Enough (e per la straordinaria carriera che ha fatto successivamente il gruppo) probabilmente non lo ricorderebbe nessuno. Infatti oggi questo non è certamente un disco che mi verrebbe voglia di ascoltare, visto che ci sono milioni di cose più interessanti in giro, anche dello stesso genere. Infine una piccola nota sul canto. Dave non cantava bene, va detto. Nulla da obbiettare su timbro e personalità, ma il canto è un'altra cosa. Nel brano Any Second Now invece canta Martin Gore e qui si nota quanto invece il suo canto sia molto più ricercato e, in definitiva, piacevole. Insomma Speak and Spell è un disco che dà principalmente degli indizi su quello che poi sarebbe effettivamente accaduto, ma che per il resto, a mio parere, non merita eccessive attenzioni. Per questo motivo il mio voto finale è un 4 (QUATTRO) di incoraggiamento.



II -  A BROKEN FRAME (1982)

Meno di un anno dopo arriva A Broken Frame, un lavoro che prosegue piuttosto in continuità col disco precedente benché, e ascoltandolo si nota eccome, gli arrangiamenti siano estremamente più curati e soprattutto sia stata sviluppata dalla band molta più arte nel mettere insieme i limitati suoni dei poveri synth che avevano a disposizione. La composizione dei brani passa totalmente a Gore, visto che Clarke aveva già abbandonato la nave, ma si nota solo fino ad un certo punto, e principalmente lo si nota nei due brani strumentali (che a seconda delle versioni dell'LP in tue mani, potrebbe essercene solo uno). A proposito di questi brani strumentali, Nothing to Fear è probabilmente il pezzo migliore del disco, e infatti è a tutt'oggi acclamato come un classico della musica elettronica. A Broken Frame è un disco piacevole da ascoltare perché ha una discreta varietà di momenti e non mancano brani decisamente orecchiabili, primi tra tutti The Meaning of Love e See You. In ogni caso c'è molto spazio per le melodie e i riff, e questo è uno degli aspetti che a mio parere ha contribuito maggiormente a creare un seguito così ampio alla band. Certamente questo non è uno di quei dischi che mi viene voglia di riascoltare molto spesso, più che altro per il sound a mio avviso ancora piuttosto povero di sfumature, ma lo trovo dignitoso e, in definitiva, un gran passo in avanti rispetto a Speak and Spell. Il mio voto è un 6 (SEI) pieno.



III - CONSTRUCTION TIME AGAIN (1983)

Passa un anno e arriva il terzo album, quello che personalmente trovo il meno interessante dell'intera discografia dei Depeche. L'LP è trainato da un brano clamoroso, quel Everything Counts che sembra uscito da un altro mondo, se rapportato al resto dell'album. Everything Counts è un brano con una struttura ben definitiva, un testo intrigante, una melodia che ti resta in testa, sonorità originali e innovative e una produzione di alto livello (pur conservando le identità sonore tipiche della band), mentre tutti gli altri brani di Construction Time Again hanno grosse mancanze sotto tutti i punti di vista. Love in itself è il brano meno debole del lotto, ma il resto del disco non è all'altezza nemmeno dei lavori precedenti, in quanto le canzoni trasmettono poche emozioni e quando non sono noiose e ripetitive sono canzonette che sembrano scritte da un bambino. L'unica cosa degna di nota è l'evoluzione del sound dei Depeche Mode, che in questo disco si arricchiscono di quelle percussioni metalliche che poi faranno la loro fortuna. E anche per nostra fortuna, coi prossimi dischi la musica sarà destinata davvero a cambiare. Everything Counts è un brano da 10, e ha fatto la fortuna della Band, portando ad essa tantissimi estimatori (me compreso), ma Construction Time Again è un album davvero poco significativo, a cui do, nella sua interezza, 3 (TRE).

(continua...)

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