domenica 2 febbraio 2020

Killer application: Defender of the Crown




Defender of the Crown - 1986 - Versione Amiga


Poche storie, tutti noi possessori di 8 bit in quel lontano 1987 abbiamo sbavato senza ritegno davanti alle varie immagini del primo vero e proprio gioco "next gen" di quell'epoca antica: ogni rivista del settore, senza eccezioni, ci proponeva in modo più o meno subdolo - incastonate in editoriali, preview, pubblicità - schermate (sempre le stesse) tratte da questo Defender of  the Crown, immagini che non sembrava vero potessero davvero essere destinate ad arrivare sui nostri televisori, abituati come eravamo a vedere solo pixel squadrati e con poche sfumature di colore. Di conseguenza credo di non essere mai stato tanto in preda all'"hype" come in quel periodo, certamente non solo a causa di questo gioco, ma senz'altro giochi come Defender of the Crown furono tra i principali motivi che mi portarono a desiderare così ardentemente l'Amiga.




Amiga che arrivò solo nella Pasqua del 1988. Per fortuna però mi arrivò, nel Natale dell'87, la versione di Defender of the Crown per Commodore 64, e con essa mi sollazzai molto più di quanto avrei mai potuto sperare.  Il gioco su 8-bit ovviamente era molto più povero dal punto di vista grafico, ma nella trasposizione non aveva perso quel retrogusto "Next-Gen" che tanto mi aveva fatto sognare. Ma di questo gioco nella sua incarnazione C64 parlerò un'altra volta.



Tornando invece sulla versione Amiga, inutile dire che fu proprio il buon Defender of the Crown il primo gioco che caricai una volta configurato il mio nuovo computer (ebbene sì, prima mi configurai il Workbench, e in tutta onestà prima ancora lanciai un programma musicale, ma anche di questo parlerò un'altra volta). Avevo tanto aspettato questo momento che quasi tremavo per la felicità: finalmente potevo vedere sul mio televisore quelle immagini stupende (che comunque avevo già visto in movimento a casa di un amico, quello da cui copiai il gioco) e sarei ufficialmente entato nella "next generation" dei videogiochi casalinghi.



Questa schermata qui sopra, di un'Inghilterra circondata da un azzurrissimo mare in movimento, ebbe un effetto dirompente su chiunque l'avesse vista per la prima volta su uno schermo. Ed anche per me questo è rimasto tra uno di quei rari momenti topici che hanno segnato una tappa fondamentale nella passione che nutro verso i giochini per computer. Se vuoi ti cito un altro paio di momenti di questo tipo come esempio: provai una simile meraviglia la prima volta che vidi Doom sul 486 di una compagna di corso, oppure la prima volta che sono uscito dalla grotta in Oblivion, su Xbox 360. Ne avrei in mente anche altri, ma credo che questi due rendano bene l'idea. Magari un giorno scriverò un articolo tentando di elencarli tutti.




Certamente giudicare un gioco dalla grafica può sembrare molto superficiale, ma qui non si parla solo di grafica in senso stretto. Defender of the Crown ha rappresentato un cambio di paradigma a 360 gradi per noi che venivamo dagli 8 bit. Per prima cosa, per giocare a questo titolo avevamo abbandonato il joystick per utilizzare invece il mouse, cosa che oggi può sembrare una cavolata ma, credimi, in quel momento storico una cosa di questo tipo ti faceva sentire come se stessi entrando in un'altra epoca, molto più futuristica e "professionale". 


E tra l'altro ogni schermata di questo gioco sembrava gridare "dimentica i soliti giochini, da oggi vivrai dei veri film interattivi". Chiariamo: questo gioco alla fine è un semplicissimo gioco strategico, non molto dissimile da una versione digitale del Risiko, arricchito da una manciata di eventi che possono rappresentare un bonus o un malus per l'esito della partita. Quindi nulla che non possa essere concepito o giocato su un 8 bit (e infatti la versione per C64 esisteva ed era anche più che all'altezza della sorella su Amiga). Ma la ricchezza di immagini e animazioni, fino ad allora impensabile su macchine minori sia per quantità che per qualità, spingevano la nostra concezione relativa a questa esperienza verso un concetto di videogioco diverso, più vicino all'essere un film interattivo che un semplice gioco strategico con elementi arcade.


Molto del successo che ebbe Defender of the Crown lo si deve proprio all'intuizione che ebbero i suoi creatori nello spingere l'immaginario degli utenti verso questa concezione, attraverso la scritture di sequenze cinematografiche come quella del salvataggio della ragazza (qui sopra) o del torneo (sotto). Da un punto di vista ludico infatti il gioco è semplice, se non addirittura semplicistico. I "minigiochi" (chiamo così le varie sezioni arcade) sono ripetitivi e, una volta compresa la tecnica per batterli, facili da superare. L'esperienza in sé si conclude dopo 2 o 3 partite, quando ormai si è visto tutto, si è vinto largamente sui nemici e si è anche stufi di vedere sempre le stesse 4 o 5 sequenze. Non è quindi nelle meccaniche di gioco che Defender of the Crown vince.



Oggettivamente questo gioco era davvero superlativo per l'epoca in cui uscì, ma poi inevitabilmente l'Amiga fu in grado di regalarci, negli anni successivi, prodotti molto più complessi e ricchi, anche dal punto di vista grafico. Non per questo però si può dire che Defender of the Crown sia invecchiato male: tutto sommato fa ancora la sua bella figura e si lascia giocare senza problemi. L'unico aspetto davvero mediocre è il sonoro: i temi sono bellissimi, ma la realizzazione tecnica era, e resta, incomprensibilmente pessima. Anche gli effetti sonori sono di bassa qualità.



Per concludere però mi è molto difficile restare davvero oggettivo davanti a questo titolo, se devo consigliarti se valga la pena provarlo o meno, visto quanto Defender of the Crown ha rappresentato nel mio immaginario di ragazzo appassionato di computer e videogame. Ognuna delle immagini presenti in questo articolo sono rimaste indelebili nella mia memoria per oltre 30 anni, e quindi viste le emozioni che mi legano a questo gioco non sono in grado di dire altro se non che, probabilmente, va provato per capire cosa abbia rappresentato in quel lontano 1987.




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