domenica 9 dicembre 2018

Dungeon Quest (il videogioco per Amiga)



DUNGEON QUEST - 1989 - Versione Amiga


In un periodo nel quale si iniziava a percepire un netto declino nel mercato delle avventure testuali in molti tentarono di smuovere le acque sfruttando quello che gli home computer dell’epoca erano in grado di aggiungere, dal punto di vista tecnico, per rendere il vetusto gameplay, sul quale si basa questa tipologia di giochi, più appetibile agli occhi di nuovi potenziali giocatori.
In realtà fu tentata questa strada fin dai tempi del Commodore64, ma certamente l’Amiga era in grado di far spiccare un salto di qualità non indifferente in questa direzione. Il Dungeon Quest di cui mi sto accingendo a parlare sembrava poter essere una risposta quasi definitiva per chi cercava una lettura più “multimediale” e quindi per certi versi più “immersiva”, nel campo delle avventure testuali. Contando su schermate grafiche in alcuni casi di ottima fattura (anche se per lo più statiche e di qualità un po’ calante nel prosieguo dell’avventura) e su effetti sonori ambientali stereo (anche se ripetitivi e in alcuni casi pessimi), fin dalle prime battute questa avventura sembrava davvero superlativa, una cosa da far cadere la mascella a terra. Anche l’interfaccia presentava alcune chicche molto interessanti, come il testo scritto su una specie di pergamena dove le lettere maiuscole di inizio paragrafo sono disegnate come nei vecchi libri, o come la rosa dei venti sulla quale cliccare per potersi muovere tra le varie “stanze”.


Tutte queste novità, unite all'esperienza sensoriale prodotta dal sonoro stereo e dalle belle ed evocative immagini che corredavano ogni singola stanza del gioco, spinsero me e moltissime altre persone a cimentarsi in questa (almeno apparentemente) meravigliosa avventura. In un primo momento però, passata l’euforia, mi ritrovai ad affrontare un’esperienza deludente e piuttosto frustrante, per il semplice motivo che l’interfaccia testuale uomo-macchina ed il vocabolario (in una parola, il “parser”) di Dungeon Quest sono a dir poco poverissimi, un vero fallimento proprio nell’aspetto più importante per questo tipo di gioco. Per molte ore non sono riuscito ad avanzare nella storia perché davo per scontato che nel 1990 qualunque avventura testuale avesse una certa sofisticatezza nella comprensione del linguaggio naturale, mentre invece Dungeon Quest non ce l’aveva affatto. Ho passato giorni interi cercando di capire come interagire coi personaggi non giocanti, o senza trovare oggetti chiave, semplicemente perché non avevo capito che bastavano semplicissimi comandi come “Search”, “Say”, “Use”, per risolvere il 99% dei problemi. Una volta scoperto che era sufficiente fare un “search” in ogni stanza, digitare “say” e niente altro per parlare con l’oste, e scrivere “use sword” per spaccare qualcosa, allora il gioco ha iniziato ad ingranare e sono riuscito a portarlo a termine (non senza chiedere aiuti ad altri giocatori, invero).

Pur restando, questo del parser primitivo, un difetto enorme che relega il gioco ad un livello di mediocrità come nemmeno certe avventure per il C64, in ogni caso vuoi per la prosa scritta molto bene e nel contempo “amichevole”, vuoi anche per tutta la sovrastruttura sensoriale di cui abbiamo parlato, questa avventura si è comunque guadagnata un posto tra i miei giochi memorabili. Ancora oggi Dungeon Quest può risultare godibile e interessante, ma solo se siete disposti a chiudere un occhio sui terribili problemi del vocabolario, anche perché il finale – va detto – merita il prezzo del biglietto. Tra l’altro con gli emulatori è possibile ovviare ad uno dei problemi principali che ne affliggeva l’utilizzo sulla macchina Commodore, e cioè la lentezza dei caricamenti delle schermate, a volte davvero snervanti soprattutto quando si inizia a girare a caso in cerca di una soluzione per andare avanti nel gioco.
Consiglio quindi agli amanti delle avventure testuali di farci un giro, magari accompagnando l’esplorazione di questo bellissimo mondo fantasy con la vostra musica preferita, quando vi sarete stufati dei ripetitivi effetti sonori.

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